Il commissario Ricciardi
Il commissario Ricciardi è un personaggio creato dalla penna dello scrittore
Maurizio de Giovanni. E' il protagonista di una serie di grande successo di romanzi gialli ambientati nella Napoli dei primi anni '30. A gennaio del 2021 la RAI presenta una serie con le storie del Commissario Ricciardi.
Gli argomenti trattati
Il commissario Ricciardi: chi è?
La palazzina in via Santa Teresa 107, angolo via Stella: qui abita il commissario Ricciardi
Luigi Alfredo Ricciardi, figlio del barone Ricciardi di Malomonte e della signora Marta, nasce in un paesino del Cilento. L'anno di nascita è il 1900. Per i fan di Ricciardi, da notare che nel primo racconto breve di Maurizio de Giovanni con protagonista Ricciardi, l'omicidio Carosino, questi aveva nel 1929 36 anni. Ma in quel romanzo breve la figura di Ricciardi è ancora allo stato, se è possibile utilizzare questo termine, "embrionale".
Il papà muore quando lui è ancora bambino. La mamma è aiutata in casa da tata Rosa, personaggio che sarà poi per sempre vicino a Ricciardi. E' in questo periodo che il piccolo Luigi Alfredo ha il primo contatto con Il Fatto.
Dopo non molto dalla scomparsa del padre, muore anche la madre e il bambino rimane affidato esclusivamente alle affettuose cure di tata Rosa, potendo contare economicamente sulle rendite del fondo di famiglia.
All'università sceglie gli studi in Giurisprudenza, terminati i quali, tesi in Diritto Penale, entra in polizia.
E' uno dei commissari della Squadra mobile della Regia Questura di Napoli. Abita in via Santa Teresa, nella palazzina che fa angolo con la strada che sale a Materdei. Continua ad essere accudito dalla sua Tata Rosa.
Il Fatto
Il Fatto è il fenomeno straordinario che ha segnato, sin da bambino, la vita di Luigi Alfredo Ricciardi.
Riportiamo, dal romanzo
Il Senso del dolore, il drammatico racconto di come il
Fatto si sia manifestato per la prima volta al piccolo Luigi Alfredo:
(NDR: il bambino, immaginandosi Sandokan, la Tigre della Malesia, si era inoltrato in un vigneto, vicino al cortile di casa, armato della sua scimitarra, un pezzo di legno, quando...)
Ricciardi, bambino, e "il Fatto"(*)
Seduto sotto un tralcio, per terra, vide l'uomo: era in
una zona di penombra, come a voler trovare ristoro dalla
feroce calura di quel terribile luglio nella giungla.
La testa
reclinata, le braccia abbandonate lungo il busto, le mani
che toccavano il suolo. Sembrava addormentato, ma la
schiena era rigida e le gambe, allungate sul vialetto, lievemente
scomposte. Era vestito all'uso dei braccianti, ma
come fosse inverno: il panciotto di lana, un camiciotto di
flanella senza collo, pantaloni di tela pesante legati in vita
con lo spago.
Il piccolo Sandokan, con la sua spada in
pugno, registrò quei particolari senza rilevarne l'incongruenza:
poi vide il manico del coltellaccio da potatura
spuntare dal torace dell'uomo, sul lato sinistro, come un
ramo da un tronco.
Un liquido scuro macchiava la camicia
gocciolando fino a terra, dove si era formata una pozzanghera:
adesso la Tigre della Malesia la vedeva bene nonostante
l'ombra delle viti. Un po' più in là, la lucertola si
era fermata e lo osservava, quasi delusa per l'interruzione
dell'inseguimento.
L'uomo, che doveva essere morto, alzò lentamente la
testa e la girò verso Luigi Alfredo, con un lieve scricchiolio
delle vertebre: lo guardò con gli occhi velati e semichiusi.
Le cicale smisero di frinire. Il tempo si fermò.
"Perdio, non l'ho nemmeno toccata la tua donna".
Qui incomincia il dramma di Ricciardi, quello che lui stesso battezza con il nome del
Fatto: vede, dovunque vada, i corpi delle persone morte in maniera violenta e ne ascolta l'ultimo pensiero.
Come racconta in prima persona in
Mammarella, ultimo dei tre romazi brevi della raccolta
L'omicidio Carosino:
...
Li vedo sul posto dov'è successo, per un tempo variabile, dieci giorni, un mese, anche due: vanno sbiadendo come un ricordo, allontanandosi un poco alla volta da questo schifo di mondo dal quale sono stati strappati.
Li vedo con le ferite e il sangue, ma con l'espressione dell'ultimo sguardo, che ripetono l'ultima metà del pensiero che la morte ha amputato, continuamente, con lo stesso tono e le stesse parole.
Il
Fatto ha ovviamente incidenza nelle indagini condotte da Ricciardi: in effetti il commissario, nei romanzi di cui è protagonista, non ascolta mai dalle vittime, grazie al
Fatto, il nome liberatorio dell'assassino; anzi, la frase che ascolta, in queste primissime fasi dell'indagine, riesce a rendere il quadro complessivo ancora più intricato. Il Fatto non è pertanto un elemento che favorisce le indagini; piuttosto è un indizio rispetto al quale le risultanze finali delle indagini devono essere coerenti: una sorta di cartina al tornasole del lavoro svolto.
(*) Disegno di Nunzio Esposito
Il commissario Ricciardi e le donne
Maurizio di Giovanni ci dice nel primo romanzo, il
Senso del dolore, che Ricciardi non ha mai avuto una donna; precisa, anche, onde evitare equivoci, che le donne gli piacciono e non poco!
L'atteggiamento di Ricciardi nei confronti delle donne va inquadrato nella visione che il nostro protagonista ha ormai della vita, a seguito degli effetti del fenomeno del Fatto. La sua esistenza è quotidianamente scossa dalla visione di persone orrendamente ferite; il male lo perseguita in continuazione. Lungi da lui voler condividere questa tragedia con una donna, rendendo anche questa ipotetica compagna infelice.
Il nostro commissario è comunque attratto fortemente da una ragazza, Enrica, che abita in un appartamento della palazzina di fronte alla sua. L'interesse è ricambiato e i due, estremamente timidi (a dir poco...), si sono dati un tacito appuntamento quotidiano, nelle ore serali, quando dopo la cena lei porta avanti i suoi lavori di ricamo e lui la guarda dalla finestra; Enrica, di tanto in tanto, ricambia lo sguardo.
Il rapporto tra i due tenderà a "progredire", ma molto, molto lentamente: dovremo aspettare il quinto romanzo,
Per mano mia, per assistere al primo bacio tra i due!
Irrompe poi nella vita sentimentale di Ricciardi, sin dal primo romanzo
Il senso del dolore, una donna bellissima, Livia Lucani, vedova del famoso tenore Arnaldo Vezzi; Vezzi è la vittima dell'omicidio al centro del romanzo stesso, il cui caso verrà brillantemente risolto dal nostro commissario. Si tratta di una donna che potremmo definire fatale, bella e molto intelligente, regina dell'alta società dell'epoca: Livia, infatti, è anche una grande amica di Edda Mussolini.
Questa donna bellissima e, per tutti, inarrivabile si innamora di Ricciardi e per lui si trasferisce da Roma a Napoli, abbandonando i salotti romani pur di poter stare accanto al suo grande amore.
Ricciardi è scosso da tanta attenzione, ma il suo cuore è tutto per Enrica.
Il commissario Ricciardi: alcuni particolari
Per quanto riguarda le amicizie, de Giovanni ci dice che Ricciardi "non aveva amici, non frequentava nessuno".
Ricciardi ha però rapporti di grande stima con determinate (poche) persone; ricordiamo il brigadiere Maione, suo fedele collaboratore e, soprattutto, il dott. Modo.
Ricciardi si nutre, a pranzo, esclusivamente di pizze o sfogliatelle.
Il "lunch" viene consumato al Gambrinus, l'unico locale pubblico dove Ricciardi si trovi a suo agio. Il tavolino del commissario è sempre lo stesso: quello vicino alla vetrata su via Chaia.
In effetti è la stessa posizione che il nostro scrittore occupava mentre era impegnato nel concorso per giallisti esordienti, quando ebbe
l'intuizione... .
Un consiglio per la lettura
Vorremmo concludere dando un suggerimento a chi volesse incominciare a leggere i romanzi di Maurizio de Giovanni che vedono protagonista il commissario Ricciardi: il primo libro, o meglio il primo libricino, da acquisire e leggere è la raccolta a titolo
L'omicidio Carosino, raccolta che contiene i primi tre racconti nei quali sincontra la figura del nostro commissario; leggendo queste storie si ha la possibilità di entrare gradualmente nel mondo un po' particolare di Ricciardi. Pregevole è anche l'introduzione di Aldo Putignano, un grosso conoscitore dell'opera di Maurizio de Giovanni.