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I mestieri del passato

(quarta parte)




Ecco la quarta parte della trattazione di Giulio Mendozza sugli antichi mestieri. Buona lettura!



Il MACCARUNARO era colui che in strada su un banchetto bolliva i maccheroni,normalmente vermicelli,che serviva in un piatto e venivano mangiati in piedi, sollevandoli in alto con il pollice, indice e medio e tirandoseli in bocca.

Il MATARAZZARO confezionava e vendeva materassi, ma, specie d'estate, passava la lana un po' appallottolata su uno strumento dentato per stenderla e poi rimetterla nella federa. Così il materasso ritornava più alto e soffice. C'è da dire che il materasso di lana era un lusso e,quindi, non alla portata di tutti. In alternativa, si usava 'o matarazzo 'e stoppa o 'e vegetale. Nei paesi era di prammatica 'o saccone 'e sbreglia. Le sbreglie sono le foglie delle spighe di granturco.

Il MANNESE riparava carri e birocci e,come abbiamo detto, c'erano strade dove si concentravano i mannesi.

'O MASTUGGIORGIO era l'infermiere di manicomio. In genere era ben robusto e fisicamente forte. Secondo alcuni il nome deriva dal greco mastigofòros, cioè portatore di frusta; secondo altri da un famoso castigamatti del XVII secolo che si chiamava Mastro Giorgio Cattaneo,il quale avrebbe escogitato un metodo infallibile per curare i matti: percosse e violenze!

 ‘O MASSESE era il venditore di latte acido,quello che noi conosciamo come yogurt. Si chiamava Massese perché originariamente lo yogurt ante litteram si produceva
abbondantemente a Massalubrense e veniva venduto in città in bicchieri di vetro ricoperti da un telo bianco.

Non dimentichiamo ' o MUZZUNARO. Costui, armato di una mazza terminante con un chiodo, "appizzava" i mozziconi lungo le strade. Questo mestiere  si svolgeva specie di notte. I mozziconi venivano liberati dalla carta (le sigarette non avevano filtro). Il tabacco veniva, quindi, venduto. Avvolto in cartine,si ricavavano nuove sigarette.

Un'altra figura tipica era ‘O ‘NCENZIATORE. Egli si serviva di una comune scatola di latta come quella per i pomodori. Essa era bucherellata ai lati, così come due buchetti opposti, nella parte superiore, facevano passare un filo di ferro filato, fissato ai due buchi. All'interno della "buattella" c'era della carbonella accesa dove egli versava l 'incenso profumato. ‘O ‘ncenziatore entrava nelle botteghe e nei bassi, incensava i presenti e il locale, pronunziando cantilene contro il malocchio, tipo questa: "Uocchie,maluocchie, fattura ca nun quaglia; corne, bicorne, cap' 'alice e capa d'aglio". Terminata la ... liturgia, vendeva una bustina d'incenso che tutti compravano, perché , da buoni napoletani, tutti erano (e sono) superstiziosi. Giustamente Peppino saggiamente affermava: "Non è vero, ma ci credo".

'A NUTRICCIA , chi era? In genere, una donna forte e fisicamente generosa che allattava i piccoli di mamme a cui mancava il latte. Le nutricce venivano ingaggiate specie da famiglie altolocate e provvedevano anche a tutte le faccende di casa che fossero in relazione col piccolo allattato. I bambini venivano anche portati a passeggio. Diverse nutrici preferivano portare i piccoli nella Villa Comunale dove provvedevano anche ad allattarli. Era questa un'occasione per incontrarsi fra di loro. Provenivano dall'entroterra campano ma molte erano abruzzesi. I piccoli si affezionavano a loro, per cui “’a nutriccia” veniva anche chiamata: “mammazezzella”. Ecco una allegra e simpatica poesia di Arturo Trusiano, intitolata appunto “’A nutriccia”:

'À veco tutt' 'e iuorne dint' 'a villa,
proprio attuorno ‘a funtana 'e ppaparelle,
cu' 'a pettenessa d'oro e 'a nocca gialla,
tanto ch'è bella appriesso tene 'a folla ...
So' guardie,so' surdate,marenare:
me pare nu ritrovo militare.

Quanno po' allatta,io so' n'ommo distrutto,
me sento 'a freva ‘ncuollo,tremmo e scotto,
pecché nu paraviso caccia 'a pietto,
so' duie bidone,so' ddoie votte 'e latte.
Ogne tesoro è gruosso cchiù 'e na ‘mbomma:
veco 'o Vesuvio cu 'a muntagna 'e Somma...

Intanto,mentr'io 'a guardo e me 'mbriaco,
'o piccerillo a ppietto a stiento zuca:
scuntruso,se sfastedia doppo poco,
e i' ,suspiranno, tengo mente e dico:
‘O cielo è proprio ingiusto e malamente:
manna 'e viscuotte a chinun tene 'e diente.

Si piccerillo 'e latte io riturnasse
e pe' nutriccia avesse proprio a essa,
matina e sera m'alleccasse 'o inusso,
nun fosse tanto scemo comm'a isso.
P' 'a gioia nun ce trasesse dint' 'e panne:
me svezzarrie sotto 'e cinquant'anne.

 

 

 

Chi era il PATERNOSTRARO? Era colui che,con pazienza da certosino, fabbricava corone del Rosario, infilando, uno ad uno, i semi delle carrubbe (sciuscelle), bucandoli per far passare il filo. Io ne conobbi uno,era un portiere e si chiamava Cordella.

Un altro personaggio tipico era ‘O PURMUNNARO. Egli vendeva frattaglie per i gatti. Batteva a ripetizione con bacchette di ferro e accorrevano gatti da ogni parte.

 

Anche i  PUPARI, attraverso le marionette che manovravano con particolare abilità,si riferivano per lo più alle gesta di Orlando e Rinaldo. A Napoli i pupazzi ruotavano intorno alla figura di Pulcinella ed erano le famose "guarattelle", che si esibivano in una specie di scarabattolo che si apriva in alto con una finestra da cui uscivano i burattini.

 

 

I PUZZARI periodicamente ripulivano i pozzi. Quando non era frequente il loro intervento, nei pozzi si dava vita all'allevamento di anguille che garantivano l' eliminazione dei vermi che potevano inquinare l'acqua.

 

'O PURPAIUOLO vendeva polipi cotti sulla pubblica strada. D'inverno il brodo bollente dei polipi riscaldava le mani attorno al bicchiere e lo stomaco. Ad una purpaiola Salvatore Di Giacomo dedica questi simpatici versi:

Se chiamma Briggeta,
na purpaiola
ca vene a vennere
purpe,l 'està.
pl 'o Muolo Piccolo,
bella e figliola,
n'ha fatte chiagnere
figlie 'e mammà.
E io pure,cuoveto
mpietto 'a chill'uocchie,
fece 'o pussibbele
pe mme mmuccà . . .

 

‘O PERZIANARO girava per le strade con l'avvicinarsi della stagione estiva, vendendo persiane, in genere di cannuccia. La voce era caratteristica: "Perziana, na bona perziana”.


La paglietta era un cappello adatto alla primavera-estate, fatto appunto di paglia intrecciata. Veniva molto usata dagli avvocati, alcuni dei quali, meno abili e preparati, venivano chiamati PAGLIETTI per dileggio. Le prostitute, ad esempio, erano chiamate: 'mbrelline ‘e seta.

 

Figura tipica napoletana è 'O PAZZARIELLO. Io conservo gelosamente la foto dell'ultimo pazzariello. Egli vestiva con uniforme vistosa e gallonata e, accompagnandosi a suonatori, girava per le strade di un rione, brandendo con una mano il bastone col quale dirigeva la sua particolare orchestra, con l'altra la merce che doveva propagandare: un fiasco di vino, un pacco di pasta,ecc. Marciava ed ogni tanto si fermava e declamava: Battaglio', scapucchio' è asciuto pazzo 'o patro’! E poi, con voce cadenzata, reclamizzava la merce del commerciante che lo aveva ingaggiato. Molti ricorderanno un film pieno di umanità, L'oro di Napoli,  dove uno stupendo Totò è appunto "pazzariello".

A questo proposito è d'obbligo citare 'E PUSTEGGIATURE. Per lo più cantavano nei ristoranti e nei caffè. Della posteggia si potrebbe parlare per ore. Prossimamente su questo sito, www.quicampania.it,  proporrò un mio documento sull'argomento. Qui mi limiterò a ricordare che dalla posteggia provengono personaggi famosi come Adolfo Narciso ed Enrico Caruso. Una curiosità: i posteggiatori, quando parlavano fra di loro, usavano una specie di linguaggio cifrato non comprensibile dagli altri, detto "parlesia" (NDR leggi, su questo sito, l'intervista ad Alfredo Cozzolino, l'amico di Massimo Troisi, a proposito dell'uso della "parlesia" film No grazie il caffè mi rende nervoso).

‘O PASSALAVA era colui che, calzando lunghi stivali, trasportava sulle spalle ("a caulicione") la gente da uno all'altro lato della strada quando vi erano temporali. Le strade s’allagavano, specie quelle sotto le colline, che ricevevano la "lava". Famosa era "’a lava ệ Virgine". Il fenomeno era ricorrente per l'assenza di fogne.

'A PERTUSARA era un'artigiana specializzata nella confezione di occhielli. E’  il caso di citare l’inno che Ferdinando Russo rivolge alla pertusara:

Oi pertusara mia, oi pertusara,
che pertuso m'e fatto 'int'a stu core!
Stevo cuntento,e tengo 'a vocca amara,
stevo felice,e moro p' 'o delore!
Pertusarella mia,pertusarella,
quant'è micirianta 'sta manella! (1)
E 'o puntaruolo quant'è malamente!
spertosa troppe core a troppa gente!
Tu si' cchiù d'isso malamente assai,
pecché m’è spertusato e nun 'o ssai!
Che nce guaragne a essere pungente?
Pertusarè,nun t'aggio fatto niente!

(1) micirianta = assassina

 

C'è una differenza tra RAMMARO e RAMMARIELLO. Il primo era il fabbricante o venditore di utensili di rame. Il secondo non aveva nulla a che fare col rame, ma vendeva biancheria ed altra merce a rate al popolino, specie per corredi da sposa.



(clicca per la terza parte) (clicca per la quinta parte)

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