Il napoletano è una "lingua" o un "dialetto"?. Il quesito non è di facile soluzione e riguarda, in linea
di principio, anche altri dialetti (o lingue?) quali il siciliano e il veneto.
La risposta non può che passare per una precisa definizione dei due termini tenendo però nella dovuta considerazione anche altri aspetti, quali quelli storici e culturali.
Per affrontare il problema, proponiamo due articoli; il primo è di
Giancarlo Sanduzzi: come la pensi l'autore lo si può dedurre dall'ultima frase del suo intervento:
"se sentite dire Lingua napoletana, potete lasciar correre; se voi, però, dite Dialetto napoletano e qualcuno pretende di correggervi, ebbene, mandatelo a … leggere questo articolo."
Il secondo, di Massimo Cimmino, è tratto dalla rivista L'Alfiere; nel ringraziare il direttore della rivista per averci consentito la pubblicazione dell'articolo, ricordiamo che L'Alfiere è una rivista che si presenta come "Pubblicazione napoletana tradizionalista": potete quindi aspettarvi nel secondo articolo una diversa analisi del problema.
Ecco il primo dei due articoli, quello di Giancarlo Sanduzzi.
Per accedere all'articolo di Massimo Cimmino, cliccate qui.
Per quanto riguarda il passato, c'è da fare qualche riflessione. Quando prendiamo in considerazione la nascita, l'affermazione e lo sviluppo di una lingua noi ci riferiamo fondamentalmente alla letteratura e alla trattatistica; dobbiamo essere consapevoli, però, che quella lingua scritta corrisponde solo molto parzialmente alla lingua, anzi alle lingue realmente e concretamente parlate in quella certa zona geografica e in quel determinato periodo storico. Bolelli sostiene senza mezzi termini che l'italiano dei Promessi Sposi non lo parlasse proprio nessuno, tanto meno lo stesso Manzoni che nei rapporti quotidiani si esprimeva in Francese (!) o in dialetto milanese. Una vera unità linguistica, in Italia come in molti Paesi europei, si è avuta solo in epoca abbastanza recente, grazie alla alfabetizzazione, alla scolarizzazione e, soprattutto, ai grandi mezzi di comunicazione (cinema, radio, televisione). Prima di tutto ciò, due persone provenienti da diverse regioni dovevano rassegnarsi, per comunicare, a parlare lentamente e a cercare di individuare e usare le espressioni comuni ai loro due dialetti. Lo stesso succederebbe anche oggi ad un piemontese e un siciliano che ignorino l'Italiano. (quest'ultimo esempio è meno teorico di quanto sembri, dato che c'è ancora una certa percentuale della nostra popolazione che capisce perfettamente l'Italiano - "subendolo" dai media - ma non è in grado di parlarlo correntemente.)
Ma il napoletano - obietterà qualcuno - è stato ed è effettivamente una lingua scritta, con una vasta letteratura di ogni genere; Napoli, inoltre, è stata a lungo Capitale di uno Stato sovrano. D'accordo, ma, in base a quanto detto finora, è impossibile sostenere che il Napoletano fosse la vera lingua unitaria del Regno, e infatti tutte le regioni meridionali hanno conservato e sviluppato i loro dialetti, anche con letterature specifiche. Lo stesso vale per i vari Stati Italiani pre-unitari, per non parlare delle regioni del Nord dove la lingua ufficiale era il Francese o il Tedesco anche in territori ricchi di lingue locali ampiamente diffuse e di grandi tradizioni come il veneto. Le cose oggi vanno diversamente: in presenza di una vera lingua nazionale i dialetti tendono a scomparire, tanto che si cerca, anche nella scuola, di riscoprirli e rivalutarli. Per quanto riguarda, poi, i "meriti letterari", la questione mi sembra francamente speciosa: tutti- o quasi - gli attuali dialetti europei possono vantare una loro letteratura ed esaltazioni o raffronti di tipo più o meno campanilistico non significano nulla dal punto di vista della terminologia. Infine, consideriamo oggettivamente la situazione attuale: il Napoletano è parlato in modo sempre più scorretto e corrotto; è scritto molto spesso in modo grottesco, riportando le parole come si pronunciano e non come andrebbero scritte; in campo artistico è ormai veicolato quasi esclusivamente da pochi poeti locali e dai cantanti neomelodici (e anche questi, appena possibile, passano all'Italiano). Insomma mi sembra che i cultori della grandezza partenopea farebbero bene ad occuparsi del presente anziché crogiolarsi nel passato.
Concludendo: se sentite dire "Lingua napoletana", potete lasciar correre; se voi, però, dite "Dialetto napoletano" e qualcuno pretende di correggervi, ebbene, mandatelo a … leggere questo articolo.
di Giancarlo Sanduzzi