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Napoli Milionaria (film)



Il film Napoli Milionaria è uno dei casi più famosi di trasposizione cinematografica di una grande e famosa commedia.
Napoli Milionaria! (clicca per vedere le tante pagine che Quicampania ha dedicato al capolavoro di Eduardo) fu messa in scena per la prima volta nel 1945, riscuotendo da subito un successo clamoroso. Nel 1950, spinto dal produttore De Laurentiis, Eduardo curò la versione cinematografica della sua opera. Il giudizio della critica fu positivo; il Morandini, ad esempio, ci dice che "...nonostante qualche diseguaglianza non tanto narrativa quanto stilistica, questa prima prova di Eduardo regista è positiva. Il dramma e la passione di Napoli sono narrati con una violenza composta che è sua.".

Ringraziamo Emanuela Catalano per la sua collaborazione.

 


Indice degli argomenti






Regia


Eduardo De Filippo firma con il film Napoli Milionaria la sua prima regia cinematografica.

Cast


Una  locandina del film Napoli Milionaria
Una locandina del film Napoli Milionaria


Eduardo De Filippo

Titina De Filippo

Totò

Delia Scala

Mario Soldati

Carlo Giuffrè

Aldo Giuffrè

Leda Gloria

Carlo Ninchi




La trama ed alcune differenze tra la commedia e il film



Il manifesto del film Napoli Milionaria Nei titoli iniziali Eduardo ci dice di cosa tratterà la storia del film



La trama del film Napoli Milionaria è in gran parte basata sulla storia della commedia omonima (clicca per saperne di più).
Il film ha però l'ambizione di rappresentare un qualcosa in più: uno spaccato della Napoli popolare lungo l'arco di un tragico decennio, decennio che inizia con una Napoli ancora in pace e sotto il governo fascista, prosegue con la Napoli sconvolta dalle bombe e si conclude con la Napoli del dopoguerra, ovverosia con la Napoli del " 'a nuttata è passata!":
Eduardo, per l'appunto, parla per il suo film di "1940-1950 Diario Napoletano".


La prima parte del film va ricordata per alcune scene che sottolineano le iniziative del regime fascista tese, vanamente, a modificare alcune abitudini ultrasecolari della gente dei vicoli.
La seconda parte del film, ambientata durante la guerra, è la più lunga e segue abbastanza fedelmente la storia della commedia; leggermente diversi sono, a volte, i personaggi e i loro ruoli: in particolare la parte del protagonista della commedia Gennaro Iovine (clicca per leggere la pagina dedicata a don Gennaro nella commedia) viene spezzata in due: Gennaro è infatti affiancato da Pasquale, operaio tranviario e suo collega di lavoro. Pasquale, interpretato dal grande Totò, avrà l'onere di sostenere il ruolo del finto morto nella relativa famosissima scena.
Anche la parte del ragioniere Spasiano (clicca per leggere la pagina dedicata a questo personaggio) è un po' diversa; ecco cosa ci racconta, a tal proposito, la nostra Emanuela Catalano :

Il Ragioniere Spasiano intrepretato da Mario Soldati con la sua famiglia Il Ragioniere Spasiano, intrepretato da Mario Soldati, con la sua famiglia


"Il personaggio del ragioniere sopravvive nella versione cinematografica e, se vogliamo, si apre a “ vita nuova”;  compare, diversamente che sulle tavole del palcoscenico, accompagnato dalla moglie Rosa, che acquista sullo schermo oltre al nome anche una fisicità che il testo teatrale le negava.
Sempre nella versione cinematografica il ruolo del ragioniere è affidato ad un “attore” sui generis. Lo interpreta infatti Mario Soldati che, in primis, non è napoletano, ed in più non è neppure un attore vero e proprio.
E’ un volto noto agli italiani di quegli anni, uno scrittore, innamorato del cinema e della realtà, sceneggiatore e frequentatore dei luoghi delle produzioni  cinematografiche di quei tempi, per di più aspirante regista e persona anticonformista per eccellenza, divulgatore di una cultura che amava come italiana, provinciale ”regionale”.
Anche in questa occasione è probabile che si debba vedere l’intervento del produttore a spingere le scelte di Eduardo.
"

La parte finale del film è poi dedicata al nuovo scenario politico dominato dai due grandi partiti (il PCI e la DC), con un particolare riguardo alle imponenti manifestazioni di piazza finalmente consentite e al rapporto tempestuoso, diciamo anche a volte violento, tra le due fazioni in lotta. Non mancano alcune immagini di una grande manifestazione religiosa ambientata nel quartiere di Antignano, a sottolineare l'importanza rivestita, per gran parte del popolo napoletano, dal culto religioso in tutti i suoi aspetti, anche quelli forse un po' più coreografici.



La scena del 'O finto muorto


di Emanuela Catalano

Don Pasquale, Totò, si finge morto Don Pasquale, Totò, si finge morto


Nella versione cinematografica  di “Napoli milionaria!”,  diretta, sceneggiata e interpretata dallo stesso Eduardo De Filippo nel 1951, molti sono i cambiamenti e le inserzioni del testo teatrale originario, ma il più noto e a tutti ben presente riguarda proprio la lunga scena che chiude il primo atto.
Nell’adattamento cinematografico Eduardo spezza in due la parte di Gennaro, inventando di sana pianta un alter ego, Pasqualino Miele, che oltre a dare lo spazio ad un “cammeo” del grande attore partenopeo Antonio De Curtis, in arte Totò (quasi imposto dal produttore Dino De Laurentiis), permette all’Autore di dipanare meglio e con maggior dovizia di particolari le proprie idee sulla società.
Dunque ad apertura del film si vedranno i due amici, Gennaro e Pasqualino, ambedue tranvieri, e poi nello svolgimento della trama, al momento della necessità del “morto” si ricorrerà a Pasqualino che, come dice lo stesso personaggio, è diventato ”un cavallo che si affitta”; cioè non avendo altro modo per sopravvivere “aiuta ad ingannare la legge per altri che sono meno bravi di lui a fingere".
Eduardo Autore sfrutterà questo “sdoppiamento” per far si che al termine della scena il brigadiere Ciappa, pur mantenendo la parola, non arresti Pasqualino, che è stato perfetto nel ruolo, ma bensì Gennaro, padrone della casa dove si fa “la borsanera”.
Le finte, e poco credibili, monache Le finte, e poco credibili, monache
Già vedere Gennaro, a teatro, con una larga fascia che gli chiude il volto a mo’ di uovo di pasqua, con tanto di cocche annodate in alto, mette a dura prova la voglia di ridere di uno spettatore. 
Gennaro prosegue, infilandosi sotto le lenzuola di un letto i cui materassi, rigonfi di merce illecita, fanno temere quasi uno scoppio,  e anche qui non ridere è difficile.
Ma la trasformazione “mortuaria” a cui la scena è stata velocemente condotta da Amalia e Maria Rosaria, permette allo spettatore di mantenersi serio.
Alle finte monache, che si abbigliano sotto gli occhi degli increduli spettatori, fa da contraltare la preghiera pronunciata  da Adelaide, con sonorità solenni e verosimile nelle parole ambigue e allusive, e che ritma tutta la scena.
L’armonia dell’insieme avrà un punto di frattura col suono della sirena, il “segno di clemenza” ostinatamente, ambiguamente e ripetutamente invocato da Adelaide nelle sue litanie, che cala di botto tutti nelle verità bellica.
Ma dopo l’iniziale fuggi fuggi dei più infingardi, che rassicura, se mai ne avesse bisogno, Ciappa, la scena riprende con un ritmo più sommesso e serrato.
Ciappa parla e si risponde, sa che Gennaro è vivo ma deve ostinarsi a fare il morto.
E’col suo silenzio che Gennaro/Pasqualino induce Ciappa all’epilogo della scena, la promessa di non arrestarlo e soprattutto di non fare la perquisizione.
Le due scene, quella teatrale e quella cinematografica differiscono nella tecnica, che permette i primi piani del dialogo tra Ciappa e il finto morto, altamente suggestivi e che evidenziano al massimo le grandi capacità recitative di Totò.
Nel contempo permette all’Autore del testo di offrire una variante più vera del vero, perché Ciappa nel film denota un comportamento che ci ricorda addirittura un monito dantesco. “ Tu non credevi che io loico fossi!”
Infatti il Brigadiere, dopo la promessa, scindendo ruolo e interprete nell’accoppiata Gennaro/Pasqualino, applaude quest’ultimo e arresta Gennaro, titolare del ruolo di capofamiglia.
Se Eduardo Autore, Regista e Attore, sulle tavole del palcoscenico ci ha fornito un punto inarrivabile della sua Arte, la scena del film ha immortalato per sempre quanto un testo di valore possa aumentare la sua forza grazie ad un interprete “altro”.
Su questo specifico ruolo Ennio Flaiano disse di Totò: ”è finalmente attore calmo…mai farsesco e prepotente” e Mario Landi: “non è più una marionetta ma un personaggio”.

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