Nel 900 la canzone comica-satirica diventa un genere a se stante e trova il suo contesto ideale nel varietà; nasce la "macchietta" e Napoli diventa uno dei centri più prolifici per quanta riguarda canzoni, cantanti specializzati e attori-cantanti. La storia della canzone comica-satirica nel 900 si può dividere in tre periodi:
Insomma, la figura magistralmente descritta e impersonata da Tony Tammaro è quella del cantautore napoletano dotato di buon intuito musicale ma di una cultura a dir poco confusa e di un lessico approssimativo e sgrammaticato (Se potrei avere te); pensando di fuggire da quella che ritiene essere una condizione di provincialismo musicale, decide di esprimersi incondizionatamente e acriticamente in tutti gli stili e i generi. Oltre ai già citati, e per fare solo pochi esempi: La Disco-music (Ballerino, Aerobic tamar dance), Il Rock (Rock dei tamarri), Il Rap (Puzzolan rap, Auchan), Il Blues (O'trirrote), Il Country (La Smart), La Canzone "d'autore" (Come).
A volte "torna" anche alla canzone napoletana, classica (A'cinquecento) o neomeodica (Torre Gaveta). In poche parole, Tony Tammaro non si fa mancare niente, cerca sempre di "essere alla moda". L'unica cosa che non cerca è di essere se stesso. Perché essere se stessi non è alla moda. (infatti in televisione nessuno ne parla e –soprattutto- nessuno lo fa). La condizione descritta dal dizionario va ora riletta in chiave di globalizzazione; al povero tamarro non basta sentirsi cittadino colto, vuole essere cittadino del mondo. Il bello è che, attraverso la musica, in qualche modo ci riesce; è al momento di cimentarsi con il testo letterario che mostra tutti suoi limiti di appartenenza culturale. I suoi contenuti descrittivi ci mostrano scene di un mondo, proletario o piccolo borghese, fortemente basato su valori materiali e indiscutibilmente condizionato da pubblicità e mode effimere (e, infatti, oltre alle canzoni, un altro momento di alta comicità nel repertorio di Tony Tammaro è costituito dagli spot pubblicitari). Si tratta, stavolta, di un "essere alla moda" che non trova un suo riscatto (come con la musica), ma che rimane supina e passiva accettazione di modelli imposti e mal digeriti. Il tutto confinato nella solita vecchia realtà fatta di fidanzate fedifraghe, suoceri gelosi e violenti, amici scemi, parenti insopportabili, mangiate a crepapelle, case sovraffollate e file per il bagno, automobili a volte complici e a volte traditrici.
A parte le incursioni nel puteolano e qualche già citato brano in napoletano, la lingua di Tony Tammaro è l'italiano, ma l'italiano di chi non sa parlarlo correntemente e si sforza di farlo solo come segno di distinzione. Inevitabili, quindi, gli scivoloni vernacolari, i neologismi, le parole ibride, il tutto orchestrato con grande abilità e senso del comico. Sulla copertina di una sua celebre raccolta discografica Tammaro ha fatto stampare un piccolo "dizionario tamarro"; consultandolo ci accorgiamo che sono pochi i termini riconducibili al napoletano classico. Per la maggior parte le parole e le espressioni sono moderne e, in larga misura, ci riportano alle periferie e al proletariato. Mettete nel frullatore questo napoletano un po' corrotto, un italiano problematico e sgrammaticato, delle parole inglesi buttate lì a caso: ecco, a tutto tondo, lo stile di Tony Tammaro. Uno stile –tutto sommato- comprensibilissimo quasi sempre anche fuori dal contesto napoletano e campano; oserei dire, a questo punto, che le canzoni di Tammaro meriterebbero una più vasta diffusione nazionale (il tamarro è dappertutto…). Il fatto è che, però, la sua satira di costume è molto "tra le righe", molti suoi brani sono diventati dei veri e propri "inni tamarri" senza che i fruitori si siano accorti minimamente dell'intento satirico e, insomma, si ha l'impressione che Sarnelli (il vero nome di Tammaro) si sia identificato nel suo personaggio in modo ormai indistinguibile. Tutto ciò ha contribuito alla durata del suo successo (il fenomeno Tammaro esiste ormai da più di venti anni) ma l'ha tenuto un po' lontano dal panorama nazionale e, soprattutto, dalla critica specializzata che l'ha spesso ignorato o sottovalutato. In realtà, e lo dico senza tema di smentite, la produzione di Tammaro s'inserisce di diritto nella storia della canzone napoletana nel momento storico particolare in cui il napoletano ha smesso di voler "fare l'americano"e ha deciso di "fare il globalizzato". Non ci riesce e fa ridere. Ma fa anche tenerezza.
a cura di Giancarlo Sanduzzi
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