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Renato Carosone



Renato Carosone Renato Carosone


Renato Carosone, secondo molti critici, è stato il musicista napoletano più importante della seconda metà del ventesimo secolo.
In questa scheda l'esperto musicale Giancarlo Sanduzzi esamina in maniera critica ed anche originale il fenomeno Carosone e quello delle sue canzoni.
Il famoso "stile Carosone" verrà inquadrato nel contesto storico-politico dell'epoca e particolare attenzione verrà posto al "contenitore" (gli arrangiamenti delle canzoni) e ai "contenuti" (musica e testi delle canzoni) della produzione di Renato Carosone.






Gli argomenti trattati:

 

 

 

 

 

Il clima sociale e musicale in cui si afferma Renato Carosone


Intorno agli anni ’50 la musica italiana vive una stagione di forti contrasti. Ufficialmente trionfa ancora la canzone melodica tradizionale in cui voci impostate cantano, fra gorgheggi e falsetti, la mamma, la patria e l’amore platonico.
L’Italia è uscita da un conflitto spaventoso e ha bisogno di ritrovare valori tranquilli e rassicuranti. Ma la guerra ha portato anche contatti con altre culture, soprattutto quella americana. Nascono così le orchestre ritmiche e si affermano cantanti specializzati nelle canzoni a “ritmo sincopato”.
E non basta. Se da un lato l’Italia vuole essere rassicurata, dell’altro vuole divertirsi, lasciarsi andare, dimenticare. L’intrattenimento è in primo piano; sale da ballo e cinema spuntano come funghi; grammofoni e dischi si vendono a migliaia; i programmi radiofonici vengono potenziati e, infine, nasce la televisione. È in questo clima che viene fuori e si afferma lo stile di Renato Carosone.
Si sa che a Napoli la presenza degli americani è stata più lunga (in effetti, dura ancora) e gli scambi culturali sono stati più intensi che non in altre città; sarebbe facile, quindi, sottolineare l’influsso americano sulla musica di Renato Carosone. In realtà quest’influenza, a mio avviso, ha riguardato più i contenitori che i contenuti, cioè più gli arrangiamenti e i modi di presentare le canzoni che le canzoni in se stesse.

 

Il gruppo musicale di Renato Carosone

 

Il gruppo di Renato Carosone Il gruppo di Renato Carosone: due sax, contrabbasso senza arco, mandolino,batteria

La formazione che accompagnava Carosone e il suo pianoforte (prima quartetto, poi sestetto) era tipicamente “Jazz”: contrabbasso pizzicato (cioè suonato senza arco); batteria presentissima, grazie all’eccezionale Gegè  Di Giacomo; sax (uno o due) e chitarra elettrica.
Capitava abbastanza spesso, però, che lo strumentario venisse stravolto: alla chitarra subentrava il mandolino e i sax venivano sostituiti da flauti, flautini e ocarine mentre Di Giacomo percuoteva qualsiasi oggetto capitasse alla portata delle sue bacchette. Si può parlare, insomma, di un uso “espressivo” della strumentazione che cambiava in base all’effetto musicale necessario alle sottolineature del testo o del genere. Basti pensare alla parodia della canzone tragica “E la barca tornò sola” dove, per ricordare che i protagonisti muoiono affogati, l’assolo strumentale viene affidato…ai gargarismi.
Insomma l’arrangiamento “all’americana” è opzionale, lo troviamo applicato anche quando non ce l’aspettavamo (come nella canzone “’A sonnambula“) ma, in altri casi, troviamo anche accenti spagnoleggianti, arabeggianti e così via.
I due sax sostituiti del gruppo di Renato Ccarosone da flauti e ocarina i I due sax del gruppo di Renato Carosone sostituiti da flauti e ocarina
Ovviamente io mi sto riferendo alle incisioni originali, che riescono a darci una qualche idea – seppur vaga – di quello che Renato Carosone e il suo gruppo erano in grado di comunicare nel contesto a loro più congeniale e cioè dal vivo.
Si trattava di un vero e proprio cabaret musicale, con i musicisti che si muovevano, parlavano, commentavano, fingevano di litigare mentre Gegè impazzava tra il pubblico con le sue bacchette; il tutto non succedeva sempre e non succedeva a caso ma era dosato da una regia sapiente e ammiccante. Le vecchie registrazioni ci trasmettono un’eco di questo divertimento, cosa che manca nelle incisioni più recenti effettuate, dopo il ritorno sulle scene di Carosone, con altri organici e, tutto sommato, altri intenti. Si voleva, cioè, celebrare la figura di Renato Carosone riaffermando e riutilizzando le sue canzoni originali, nonché la sua non tramontata bravura di cantante e di pianista.
Tutto lodevolissimo, ma chi non ha ascoltato le incisioni originali e non ha visto qualche registrazione in video delle esibizioni di Renato Carosone con il suo gruppo non può farsi un’idea completa.

 

Il pianismo di Renato Carosone


Renato Carosone al pianoforte Renato Carosone al pianoforte
Per tornare all’analisi contenutistica vorrei parlare ora del pianismo di Renato Carosone. Anche qui ci sono certamente elementi americani, specie nella mano sinistra con i suoi salti di derivazione “ragtime”, ma altre caratteristiche stilistiche conducono alla musica classica e al pianismo popolare, quello delle sale da ballo e dei cinema prima dell’avvento del sonoro. La tecnica preferita da Renato Carosone per la mano destra è quella delle ottave veloci e vertiginose, tanto care al virtuosismo pianistico del Romanticismo. Una simpatica variante, tutta popolare, è quella dell’ottava tremolata, che Carosone usa spesso con intenti parodistici e satirici come nel pezzo strumentale “Cornelius” dove le ottave sono eseguite con indice e mignolo: le dita che hanno, appunto, fanno le corna.
Un mix di stili e generi; un continuo e divertito gioco di rimandi e citazioni: questi i segreti dello “stile Carosone”.
Ogni tanto gioca a “fare l’americano” ma Renato Carosone rimane, come il protagonista della sua canzone, fondamentalmente napoletano.
La “napoletanità” delle sue canzoni originali la possiamo verificare con un semplice esperimento: togliamo tutto l’apparato ritmico-strumentale e accompagniamo la canzone con semplici accordi tenuti. Ebbene, la melodia verrà fuori, s'imporrà comunque, in base alla forza della sua stessa sostanza intrinseca. Lo stesso avviene con tutte le grandi melodie classiche napoletane che finiscono, spesso, con l’essere snaturate e quasi “rovinate” da arrangiamenti troppo elaborati e sontuosi. Quando poi, come abbiamo visto per Carosone, gli arrangiamenti sono a loro volta creativi e caratterizzanti, possiamo dire di trovarci davanti a prodotti musicali di alta classe pur nei limiti del loro genere di appartenenza.


I testi delle canzoni di Renato Carosone


Rimane da parlare dei testi, e qui la prima derivazione che ci viene in mente riguarda la “macchietta”. La macchietta classica napoletana, come il teatro di Aristofane o la commedia dell’arte, prende di mira tipi universali e senza tempo come lo spaccone, il millantatore, la donna di facili costumi, il cornuto e via di questo passo. Renato Carosone, invece, attualizza la sua macchietta inserendola nel clima del suo tempo. L’americanismo dilagante, la corsa al petrolio, l’uso crescente di psicofarmaci, l’indissolubilità del matrimonio: sono temi importati che Renato Carosone tratta con sublime leggerezza mettendo spesso l’accento sul trasformismo tipico del napoletano (e dell’italiano in genere) che si adatta a bere whisky e soda, a “schiaffarsi” in testa un sombrero o a comprare un turbante alla Rinascente pur di sembrare quello che non è.
La macchietta tradizionale tende a “teatralizzare”, cioè a far parlare il suo protagonista in prima persona; Renato Carosone, invece, preferisce la seconda persona singolare che gli consente i toni dell’invettiva e dell’ironia distaccata. Capita anche che il suo immaginario interlocutore, per acquisire maggiore consistenza, abbia un nome proprio, come il Giovanni sposo infelice di “Ti è piaciuta”.

 

L'utilizzo del coro nelle canzoni di Renato Carosone

 

Altre volte il tema è svolto in forma “responsoriale”, cioè con un dialogo tra solista e coro, dove quest'ultimo ha funzione di commento e consiglio. È proprio il coro a suggerire all’innamorato deluso e insonne l’uso della famigerata “pastiglia”; è proprio il coro a sottolineare i tragici eventi della già citata “E la barca tornò sola” con un ossessivo “e a me che me ne importa”. È inevitabile, ovviamente, che solista e coro a volte entrino in conflitto come nella canzone “L’hai voluto tu”. Coro: “Alla faccia tua” – solista: “No, alla faccia tua” – loro: “alla faccia tua” – solista: “No, alla faccia vostra!”.
È, quest’uso del coro, uno dei tratti più originali e geniali delle canzoni e delle parodie di Renato Carosone, insieme all’inserimento della voce “fuori campo” che annuncia il tema della canzone: “Canta Napoli! Napoli in farmacia!” oppure “Napoli matrimoniale!” eccetera. In altri momenti la satira cede al bozzetto descritto, anch’esso desunto dalla canzone classica: “O russo e ‘a rossa” (non c’entrano niente né lo zar né il comunismo, si tratta di due persone accomunate dalla capigliatura rossa); “O suspiro”; “O sarracino”. Un’unica volta Carosone approda al lirismo malinconico ma lo fa da par suo, con la canzone “Maruzzella” (del 1955), divenuta uno degli ultimi grandi classici melodici della canzone napoletana.
Oltre alle parodie e alle composizioni originali Renato Carosone e il suo gruppo amavano veicolare canzoni famose del loro tempo, canzoni napoletane (antiche e moderne), canzoni americane e italiane. Il sound particolare, le trovate vocali (come le famose vocine distorte) e il virtuosismo strumentale facevano sì che molte canzoni fossero più conosciute nella “versione Carosone” che in quella originale.
Per apprezzare tutto ciò dobbiamo rifarci, anche in questo caso, alle incisioni anteriori al 1959.
Vorrei finire sintetizzando le conclusioni della mia analisi:
  1. Lo stile di Renato Carosone ha una certa componente americana che non è, però, preponderante;
  2. La novità “rivoluzionaria” del suo modo di fare musica è fortemente connotata nel contesto degli anni ’50; il suo ritorno sulle scene negli anni ’80 sarà celebrativo ma non apporterà, sostanzialmente, niente di nuovo;
  3. Le sue canzoni originali s'inseriscono di diritto nel solco della canzone classica napoletana.

 

a cura di Giancarlo Sanduzzi

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