Vipera (2012) è un romanzo giallo di Maurizio de Giovanni; è il secondo del cosiddetto Ciclo delle Festività. In assoluto è il sesto romanzo con protagonista il commissario Ricciardi.
Vipera è un romanzo stupendo, molto probabilmente
il più riuscito di tutti, una storia che si legge tutta di un fiato lasciando il lettore affascinato non solo dalla trama principale, quella del delitto e delle relative indagini, ma anche e soprattutto dai tanti temi proposti: gli amori del commissario, le deportazioni fasciste, le tradizioni napoletane della Pasqua e tra queste quelle gastronomiche, i tanti personaggi.
I fatti si svolgono tutti nel corso della settimana Santa del 1932: si tratta quindi del primo caso risolto dal nostro commissario successivamente al 1931.
Anche in questo romanzo sono presenti i consueti protagonisti delle storie del commissario Ricciardi: il brigadiere Maione, il vice-questore Garzo, questa volta con una presenza un po' defilata; abbiamo poi le due "donne" del Commissario, Enrica e Livia, la Tata Rosa, il dottor Modo con il suo cane, Lucia Maione e il confidente per eccellenza, il simpaticissimo Bambinella.
In Vipera viene chiarito una volta di più il ruolo de Il Fatto nelle indagini del commissario Ricciardi:
"Il Fatto, come chiamava tra sé
l’insieme delle sue percezioni,
troppo spesso ingannava: forniva
un riflesso, un’eco confusa
dell’ultimo frammento di
un’esistenza che si affacciava sul
buio della morte guardandosi
indietro. Erano più le volte che il
Fatto lo aveva allontanato dalla
verità, di quante fossero state le
occasioni in cui quello che aveva
sentito lo aveva aiutato a
raggiungerla: molte di più. Per
questo teneva marginale
l’indicazione, la parola che
percepiva, salvo vederla spiegata
solo alla fine, quando il quadro
degli eventi si completava, un po’
per il duro lavoro di indagine e un
po’ per caso e per fortuna.".
Un particolare presente anche in questo romanzo:quando Ricciardi e Maione si portano sul luogo del delitto per la prima volta, sono sempre accompagnati dai due appuntati Camarda e Casarano.
Ricciardi ricorda anche in questa storia quale siano le principali, se non in assoluto le sole, cause dei delitti: la fame e l'amore.
"Come sempre, al cospetto di
una morte per mano umana,
Ricciardi pensava alla fame e
all’amore, gli antichi nemici che
qualche volta si alleavano,
facendosi ombra a vicenda,
fornendo alibi l’uno all’altra,
nascondendosi tra loro e
confondendo le idee a chi scavava
alla ricerca del colpevole.".
Tra le tante belle pagine del romanzo, deliziosa la descrizione delle pulizie di primavera:
"...battitura e spazzolatura
di tappeti, tende e indumenti
invernali, ricordando di rovesciare
le tasche per togliere la lanugine
bianca dall’interno; riparazione dei
piccoli danni, occhielli e asole
consumati e tasche da rinforzare,
bottoni penzolanti da riattaccare,
fodere da ricucire; smacchiature e
sgrassature di colli e polsi con
crusca calda. E poi la
conservazione vera e propria nei
cascioni, i capaci bauli da riporre
in soppalchi e soffitte, senza
dimenticare naftalina, canfora e
pepe, armi necessarie contro tarme
e tignole.".