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I RAGAZZI  DEL MONTE  DI PIETA’

(Il Centro Storico di Napoli)




Aurelio Capriati, in questo bell'articolo, si lascia andare ad alcuni ricordi "lavorativi"; ne esce fuori una dichiarazione d'amore per la città che può rappresentare una guida pratica, ma poetica, per una visita al Centro Storico di Napoli.


Ho frequentato per un decennio  - dal 1988 al 1998 - il centro antico di Napoli recandomi ogni giorno al Monte di Pietà, dove aveva sede l'Ufficio studi del Banco di Napoli. Qui ho passato il periodo più straordinario e indimenticabile della mia vita lavorativa, anche sotto il profilo professionale.
L'Ufficio studi del Banco, in quell’arco di tempo, fu spostato dalla sede centrale di via Toledo al Palazzo della Pietà in Via San Biagio dei Librai. A dire il vero, i primi due anni li passammo nel fabbricato a fianco, un tempo proprietà del Banco ed ora sede della facoltà di Sociologia.
Centro storico di Napoli-La Cappella del Monte di Pietà Centro Storico di Napoli - La Cappella del Monte di Pietà
Ogni mattina, l'entrata nel cortile della Pietà, ancora sgombro delle auto, mi portava indietro nei secoli con una sorta di effetto Stendhal. Quante volte, da solo o con i colleghi, sono entrato nella Cappella, inquadrata dal solenne ed arioso atrio del Palazzo,  ad ammirare gli affreschi del Corenzio o i soffitti dipinti dal Bonito.
Nel corso di dieci anni, dunque, ogni mattina, dal lunedì al venerdì, quando non andavo al Banco in moto o in auto, prendevo la metro a Piazza Amedeo e mi fermavo alla stazione di Montesanto. Uscito in strada, mi dirigevo verso Spaccanapoli. Dopo aver tagliato la Pignasecca e via Toledo, imboccavo piazza del Gesù, passavo per via Croce, attraversavo piazza san Domenico e piazzetta Nilo, per fermarmi, poi, al bar all'angolo gestito da un simpatico e fascistissimo signore, acquistare, subito dopo, le sigarette  al banchetto della contrabbandiera sotto il portone del Palazzo e salire, infine, all'ultimo piano dell'edificio.
Talvolta, invece, scendevo a piazza Cavour, attraversavo via Foria cercando di non farmi arrotare dall’isterico traffico mattutino, mi lasciavo alle spalle Vico Impagliafiaschi, che si trova dalla parte dei Vergini e passavo sotto Porta San Gennaro.
Centro storico di Napoli: Porta San Gennaro Centro Storico di Napoli - Porta San Gennaro
Era d’obbligo gettare uno sguardo in alto all’edicola affrescata da Mattia Preti, raffigurante San Gennaro, Santa Rosalia e S.Francesco Saverio che implorano la fine della peste. Proseguivo la mia discesa costeggiando a sinistra la monumentale facciata della Chiesa del Gesù delle Monache, un vero e proprio museo di arte barocca, da visitare assolutamente. Qualche volta, preso da raptus mistico, vi entravo, attirato, in verità, dagli affreschi di Luca Giordano. Ma, essendo normalmente in ritardo, mi caracollavo giù per vico Limoncello, dove è ubicata la chiesa di San Gennaro Spogliamorti, nota per un’ intuibile e tristissima attività funebre  oggi occupata, of course, da un negozio di…abbigliamento. Accadeva, talvolta, che al mio passaggio si apriva un basso abitato da una verace famiglia partenopea, popolare doc, ed era naturale salutarsi con un cenno o, magari, con “Buona giornata!”. E succedeva di sentire aleggiare nell’aria stretta del vicolo un fresco e appetitoso profumo di ragù…Ma, senza avere il tempo di capire da dove provenisse il magico aroma, acceleravo il passo immettendomi in vico Cinquesanti, non mancando di ammirare per l’ennesima volta l’artistico portale catalano di un palazzo alla fine della stradina.
Centro storico di Napoli - San Lorenzo Maggiore Centro Storico di Napoli - San Lorenzo Maggiore
Una rapida occhiata agli stemmi affissi al muro di San Lorenzo Maggiore per superare, a passo veloce, San Gregorio Armeno con le sue botteguccie ancora serrate. E finalmente con un respiro di sollievo, a via San Biagio dei Librai: ero vicino alla sospirata meta, giungendo però dalla parte di sopra. Voltavo a destra, pochi metri ancora e varcavo il monumentale ingresso del Monte di Pietà, sede del Monte dei Pegni e del mio luogo di lavoro. Insomma, era una corsa affannosa. Promosso funzionario, l’orario d’entrata divenne più elastico. E divenne più piacevole raggiungere l’ufficio…
Un piccolo consiglio agli appassionati della storia di Napoli: se vi capita di visitare San Lorenzo, passeggiate lento pede lungo l'abside illuminata dai meravigliosi finestroni ogivali di fattura gotico–provenzale. Avrete la sensazione di trovarvi in una bella cattedrale medievale francese. Ai bei tempi, quando ogni mattina passavo davanti la chiesa, spesso vi entravo brevemente per ammirare l 'interno e fermarmi un minuto accanto al mausoleo dello sventurato Carlo d' Angiò-Durazzo, fatto giustiziare dal re Luigi d' Ungheria perchè ingiustamente accusato di essere tra gli assassini del fratello Andrea: in San Lorenzo è racchiuso uno dei misteri della storia più tragica del regno
Un rito da rispettare era quello del caffè. Verso le dieci, insieme a un paio di colleghi (si faceva a turno per non sguarnire l'ufficio), solevo prendere il caffè all’anzidetto bar di piazzetta Nilo.  E immancabilmente, nel sorseggiare il caffè, il mio sguardo, dopo aver sbirciato l'icona di Maradona, si fermava, nel suo giro, sulla statua del Nilo, posta di fronte all'entrata del locale.
Centro storico di Napoli - La statua del Nilo Centro Storico di Napoli - La statua del Nilo
La statua, ancora a fine anni ’80, si presentava annerita dall'incuria e dallo smog. Poi, quando cominciò il Maggio dei monumenti, la scultura fu finalmente restituita al suo bianco splendore. Un giorno qualcuno mi disse che la testa barbuta non era quella alessandrina della divinità egiziana, ma una di epoca posteriore attaccata al busto alla fine del'700. Una cosa certa è che malgrado tutte le sue peripezie, oggi la statua è ancora lì dove la vollero gli Alessandrini più di duemila anni fa per ricordare la loro terra nativa, divenendo alla fine, nell'immaginario collettivo, "il corpo di Napoli" perché collocata lì, proprio all’inizio di uno dei tre decumani della Napoli greco-romana: siamo proprio nel cuore pulsante del centro antico di Neapolis. "Un'invenzione scherzosa del popolino", scrive don Benedetto, certo, ma un'invenzione che, mi permetto di aggiungere, affonda, forse il suo significato nell'inesauribile e arcana storia di Napoli.
Percorrere San Biagio dei Librai era sempre un tuffo nel passato. Una strada rimasta, vecchia, anzi antica, ma non più "poverissima", come scrisse Anna Maria Ortese. C'erano, e credo ci sono ancora, bei negozi, ovvero gioiellerie come Nappa, oggettistica, carte di pregio e cartoni come Gambardella. Sotto le scale di una chiesa si stendeva un mercatino con una varietà prodigiosa di prodotti artigianali: quadri, bronzetti, ceramiche, statuine, piatti, tazze e tazzine ecc. Era più di un rigattiere, quasi un antiquario. C'erano anche le botteguccie dove chi aveva bisogno di soldi portava ad impegnare i preziosi di famiglia. Talvolta si vedeva perfino l'umile vecchietta dell'Ortese, ma la maggior parte della gente veniva al Monte dei Pegni presso il Banco. Mi dicevano i colleghi che, ad inizio estate, famiglie facoltose della "Napoli bene" depositavano in pegno i propri tesori nelle casseforti della banca, per poi riscattarli a settembre tornati dalle vacanze: era un modo di mettere al sicuro i gioielli dalle grinfie dei ladri d'appartamento...
Centro Storico di Napoli - Il Chiostro di Santa Chiara Centro Storico di Napoli - Il Chiostro di Santa Chiara
 Quante passeggiate, "senza scopo apparente", nell'ora di spacco da solo o con i colleghi/e nei cardini che intersecano i decumani, quante scoperte di chiesette nascoste nei vicoli come quella di Santa Luciella o quante colazioni e conversazioni nelle oasi dei chiostri di Santa Chiara, di San Marcellino o di Santa Patrizia (ovvero di San Gregorio Armeno, che è la stessa cosa).  Giovanni Comisso, parlando della scala che porta al giardino claustrale di Santa Patrizia, scrisse tanti anni fa: “La lunga scala illuminata dal riverbero del cielo è tutta fatta di bassi gradini facili ai vecchi prelati e alle gambe affrante dalla vita più triste". Così è rimasta. Quando mi capitava, talvolta, nelle belle giornate, durante l'intervallo, di salire quella scala in gruppo, con i compagni di passeggiate nel centro antico. Puntualmente alzavo gli occhi in alto per fissare l'azzurro del cielo che riempiva, con la sua luce meridiana, l'infossata gradinata che portava al chiostro.  Qui, per inciso, visse, come laica, Enrichetta Caracciolo per sette anni: da quest'esperienza scaturirono le sue memorie intitolate "I misteri del chiostro napoletano". Dopo il rituale giro sotto gli arconi del chiostro e aver ammirato per l'ennesima volta la fiorente vegetazione del giardino, le statue e l'ingegnosa cisterna dell'acqua coperta da un padiglione, ci sedevamo accanto alla magnifica fontana circondata da alberi e dalle statue di Gesù Cristo e della Samaritana, dove consumavamo il nostro frugale pasto, ossia un prosaico panino imbottito comprato presso la salumeria all'angolo, ovvero la colazione napoletanamente definita" 'a marenna"... Si conversava e si ascoltavano i cinguettii dei numerosi uccelli dimoranti nel chiostro. Da uno sguardo più intenso scaturiva un amore passeggero. Si stemperavano le tensioni, gli screzi, le invidie, i malintesi, immancabili in ogni ambiente di lavoro.  Ci sembrava di stare in un'oasi, lontani dal mondo, lontani dalle quotidiane miserie.
Per conoscere i tesori custoditi nel centro antico, qualche volta vagabondavo da solo nella Napoli antica. Nell'orario di spacco o quando uscivo prima dall’ufficio per una mezza giornata di ferie da recuperare, risalivo lungo via Nilo, dal Monte di Pietà fino al Collegio dei Nobili, raggiungevo via Tribunali, voltavo a sinistra, costeggiavo il campanile più vetusto di Napoli, quello della Pietrasanta, e l'annessa Chiesa, sbucavo in Piazza Miraglia, dove al n.1 si staglia la cinquecentesca Chiesa della Croce di Lucca. Questa sembra mozzata dietro come un'incompiuta. A causare ciò fu l'edificazione del Vecchio Policlinico (quello nuovo sta in collina) all'inizio del XX secolo quando vennero abbattuti il chiostro e buona parte dei locali della chiesa per un taglio di circa sette metri.
Centro Storico di Napoli - Le bancarelle a Port'Alba Centro Storico di Napoli - Le bancarelle di libri a Port'Alba
Volevano abbatterla del tutto, ma la vibrante protesta di molti intellettuali napoletani, tra cui Benedetto Croce , riuscì a limitare il danno. Poi solevo traversare la piazzetta, entrare nella celestiniana San Pietro a Majella e gettare - ma non sempre perché la mia meta era curiosare tra le bancarelle di libri a Port'Alba - uno sguardo alle slanciate arcate ogivali dell'interno, dal tipico stile gotico napoletano-provenzale, semplice ma suggestivo, un gotico mediterraneo come i suoi abitanti. Piazza Miraglia, come scrisse Domenico Rea, si presenta come "un perimetro fortificato", è vero, ma ai miei occhi appariva come uno dei seducenti "scrigni" (o musei a cielo aperto, se volete) dell'infinita storia napoletana.
Per me, per noi fortunati (e stagionati) ragazzi del Monte di Pietà nonché abituali frequentatori di Spaccanapoli, il Maggio dei Monumenti cominciò in anticipo. Camminando con lentezza nell'antico reticolo sentivi pulsare i battiti di un cuore antico, maltrattato dall'incuria dei suoi amministratori e trascurato dai suoi proprietari. Spesso, di domenica, vi ritornavo con mia moglie Paola e con le mie figlie per rivivere insieme a loro quelle emozionanti sensazioni.
Conobbi persone della Napoli popolare oggi quasi scomparse come l'umanissima contrabbandiera di sigarette all'angolo del Monte, il “medico” delle bambole, dove portai a ripararne almeno un paio, o il bancarellaro di libri che ne sapeva più di un libraio.
Provo tuttora nostalgia di quel bel periodo, ricco di esperienze umane e culturali, che mi permise di visitare e ammirare gli splendidi monumenti e le meravigliose chiese del centro antico e, altresì, di approfondire la millenaria storia di Napoli.  Tuttavia, quando mi è capitato di rivisitare quei luoghi, l'incantesimo di quei momenti vissuti tra le vetuste mura della Napoli antica, era un po’ svanito...


Elio Capriati

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