Via Santa Maria Antesaecula è un'antica e tortuosa strada del quartiere Sanità, celebre per aver dato i natali, al civico 109, all'immenso Totò. Al numero 52 della stessa strada vi è invece un "fortino", un vero e proprio presidio della legalità, un emblema della Napoli che vuole farcela a dispetto di tutto e di tutti: stiamo parlando dell'Istituto D' Este Caracciolo.
Per la precisione in via Antesaecula vi è il plesso scolastico, già Istituto Caracciolo, confluito nell'Istituto D' Este, che a seguito dell'integrazione ha preso il nome di ISIS D' Este-Caracciolo; dirige l'Istituto la preside Giovanna Scala.
Le attività del plesso alla Sanità sono coordinate sul luogo dal vicepreside, il prof. Giuseppe Aprea: ci troviamo dinanzi ad un altro di quei personaggi innamorati del proprio lavoro ed innamorati di questo quartiere, la Sanità, che per certi versi ci ricorda un autentico "gigante" di quel quartiere, don Antonio Loffredo.
Il prof. Aprea insegna in questa scuola da ben 30 anni e non ha mai voluto cambiare, pur avendone avuto la possibilità, luogo di lavoro. Il professore, in una all'intero corpo docente, ha trasformato questo plesso scolastico in una struttura aperta quasi 24 ore al giorno a tutti i ragazzi del quartiere: a chi frequenta regolarmente i corsi (sono previsti diverse interessanti specializzazioni, come quelle della Moda, della Grafica, dell'Alberghiero, del Socio-Sanitario, etc...) ed anche, e forse soprattutto, a chi non frequenta ma che viene tentato ad entrare, attirato dalle attività svolte o dalla semplice idea di stare in compagnia. La lotta del prof. Aprea e del corpo docente è contro la dispersione scolastica e per la legalità. Possiamo tutti immaginare la sproporzione tra le forze in campo: da una parte un pugno di professori, spesso umiliati dal taglio dei fondi operati dal Ministero, taglio che incide pesantemente sulla possibilità di portare avanti i tanti progetti deliberati, e dall'altra la situazione disperata del quartiere accentuata dalla crisi generale: la carriera scolastica, anche qualora fosse coronata dal titolo, poco purtroppo garantisce su uno sbocco lavorativo e, quindi, risulta non molto attraente.
Tra le armi utilizzate per provare a combattere la dispersione e la illegalità vi è quella dello sport.
Le ragioni sono diverse: lo sport in quanto tale attira i ragazzi e li porta a non isolarsi; lo sport, poi, insegna il rispetto delle regole: se queste non vengono rispettate, qualsiasi gara perde di significato.
In questo ambito il prof. Lino Silvestri, istruttore di Educazione Fisica, sta tentando di avviare tutti i ragazzi del quartiere alla disciplina della boxe.
Ecco quindi l'iniziativa del 5 febbraio denominata "Un pugno contro la dispersione scolastica e l'illegalità" che ha visto proporre nella palestra della scuola alcuni incontri di boxe tra ragazzi.
E' stata l'occasione per far affluire come spettatori una marea di ragazzi: quelli che seguono i regolari dell'Istituto D' Este-Caracciolo ed anche quelli del quartiere che non li seguono.
Abbiamo posto qualche domanda a Lino Silvestri:
Quicampania: Maestro, lei porta un nome glorioso per la boxe napoletana. Ci vuole ricordare chi è stato il suo papà, il grande Geppino Silvestri?
Silvestri: Il mio papà, morto ormai da alcuni anni, è conosciuto come il "maestro dei campioni"; nella sua lunga carriera di istruttore di boxe ha portato al successo decine e decine di atleti di altissimo livello; ricordo in particolare Oliva, campione olimpionico e campione del mondo, Cotena e Raininger (campioni europei), Todisco (medaglia d'argento alle olimpiadi, non avendo poi potuto combattere per l'oro a seguito di un infortunio alla mano).
Quicampania: Maestro, ci spiega il significato del "titolo" che avete voluto dare a questa iniziativa, "Un pugno contro lla dispersione scolastica e per la legalità"?
Silvestri: Lo sport, ed il pugilato in particolare, sono fattori aggreganti. Ho organizzato corsi nell'Istituto all'interno del percorso scolastico ed anche all'esterno dello stesso. Organizzo anche corsi per i ragazzi del quartiere sperando che in questa maniera possano avvicinarsi alla scuola. Ecco quindi il "pugno alla dispersione". La boxe, poi, è uno sport pulito, dove occorre combattere lealmente, e soprattutto con coraggio, contro il proprio avversario, rispettando le regole. Sul ring quindi come nella vita: il rispetto delle regole vuol dire rispetto della legalità.
Quicampania: La boxe è uno sport pericoloso per i giovani?
Silvestri: No! In primo luogo la Federazione si è data un regolamento molto severo che prevede controlli medici rigorosissimi. Poi tenga conto della presenza di una serie di "presidi": guantoni pesanti che "attutiscono" i colpi, caschetti protettivi della testa, la breve durata degli incontri (ad esempio tre round, da due minuti), la grande attenzione degli arbitri a bloccare immediatamente un incontro che, nonostante le accortezze prima descritte, potrebbe comunque creare situzioni rischiose per la salute dei ragazzi.
Quicampania: Allora, in bocca al lupo!