Da qui puoi andare direttamente al contenuto principale

tre foto della campania e logo quicampania
icona per aumentare la dimensione dei caratteriicona per diminuire la dimensione dei caratteri

I campioni della Rari Nantes




La Rari Nantes Napoli è stata una delle più importanti squadre italiane di pallanuoto; fondata nel 1905, a cavallo della seconda guerra mondiale ha conquistato ben sei scudetti.
Epici gli scontri degli anni 50-60 con l'altra grande squadra napoletana di pallanuoto, la Cannottieri Napoli.

Dino Simonelli, è stato il portiere della Rari Nantes negli anni sessanta; Dino è scrittore di gustosissimi racconti; dal suo Una Palla nell'acqua, abbiamo estratto questa accurata e simpatica descrizione dei grandi campioni della Rari Nantes dell'epoca.





Li ricordo tutti quei tiri e li ricordo tutti, uno per uno, i primi compagni di quella prima prima squadra: grandi davvero, e nessuno che fosse normale.

Geppino D’Altrui: Gesù, D’Altrui, il capitano della Nazionale! Alto, tutto muscoli e nervi, e con un eterno sorriso ironico. Sembrava non perdere mai la calma e come poteva? Lui aveva affrontato e fermato i più forti attaccanti del mondo. Ancora lo ricordo quella volta che, nella piscina della Mostra, fermò Mshevanieradze, il centravanti russo che sembrava Gengis Khan. Ma una volta no, una volta Geppino si incazzò veramente: con me. Si giocava a Civitavecchia. Me lo aveva detto in albergo e me lo aveva ripetuto negli spogliatoi…”Sta’ attento al numero 10, quello, se prendono loro la palla al centro, tira subito in porta. Sta’ attento che appena può ti tira, anche da centro campo!”
Puah! Tira da centro campo? A me? Figuriamoci!
Comincia la partita…”Attento al 10!” mi grida per un ultimo avvertimento Geppino mentre va a prendere posto…
La palla è loro…Passaggio al 10, Forcella ricordo che si chiamava quel farabutto: tiro … gol.
“Simoneee’!” L’urlo disperato scosse la piscina.


Lucio Pisani, grande testa, “capa ’e bomba”, grande ingegnere e grande sfottitore…


Amedeo Ambron, un vero scimmione, un concentrato di forza e di… peli. Ne teneva dappertutto tranne che dove avrebbe voluto, naturalmente. Un vero “maschio” insomma, come lo sfotteva Lucio accarezzandogli la testa, ma fuori dell’acqua generoso e gentile. Forte e coraggioso: fu il solo che se la sentì di accompagnare Szabo in una sua spedizione punitiva alla Ferrovia. Meglio, o peggio: alla Duchesca. “Alì, ma dove andiamo?” aveva tentato timidamente di obiettare. “Tu no preoccupare, tu guardare solo spalle” gli aveva risposto l’ungherese che parlava come un Sioux. Al ritorno al circolo, a noi che morivamo dalla voglia di sapere, Amedeo disse soltanto, e gli occhi ancora gli brillavano, ”Mamma mia!” In quel mamma mia c’era tutto.


Mino Marsili, attaccante agile e scattante, capace di inventarsi sempre qualcosa sotto porta, che a un certo punto prese la ‘nziria, la capa non era buona, di voler giocare a centro vasca … A Mino seguiranno poi i fratelli, Marsili anche loro, Vittorio e Sante.
Vittorio, una volta, a fine allenamento per punizione dovette fare i cento: li nuotò tutti con la testa fuori dall’acqua bestemmiando come un dannato. Responso cronometrico: 57” e 8”’. Una vera forza della natura!
Sante, pesce janco come lo chiamava il nostro Gaetano il bagnino, - anzi ‘Aitani, con la i finale - era, al contrario, freddo, duro e lucido nel marcare l’avversario. Insuperabile difensore, sarebbe diventato una colonna nella nazionale. Gelosissimo della sua bella fidanzata, figlia di un grande cantante napoletano. Una gelosia assoluta, ai limiti della patologia. Una sera, mentre eravamo in acqua ad allenarci, d’improvviso mancò la luce; quando di nuovo luce fu, lo trovammo sugli spalti stretto stretto a difesa della sua donna sulle cui gambe aveva messo il suo accappatoio a protezione.



Il piccolo Mimmo Mastrogiovanni, che sembrava essere nato nell’acqua con una palla in mano. Esordì nella fossa di Camogli. Veramente la bella e nuovissima piscina del Boschetto era tutt’altro che una fossa, situata con’era nel fresco della collina, ma aveva ereditato la fama del vecchio campo di gioco, giù in un angolo del porticciolo. Ne avevamo sentito parlare dai più anziani, e non bastava il tono di noncurante superiorità a dissimulare quello che dovevano aver provato veramente. Sì, sì, voglio proprio vederla questa noncuranza quando giochi circondato da una folla di tifosi che si assiepa sul molo a chiuderti ogni via di scampo e ti minaccia agitando i remi dalle barche stracolme che quasi entrano in campo.
A marcare Mimmo quella sera c’era un difensore guercio, il vecchio e cattivo Marciani che aveva perduto l’occhio per una gomitata…
”E così questa è la tua prima partita in serie A?”
“Sì” rispose timidamente il ragazzino. Pumfete! Un cazzotto in piena faccia, “Ecco, così impari a rispettare gli anziani!”
E poi dicono pure largo ai giovani!
Inutile dire che, per il resto del tempo, il povero Mimmo non fece che nuotare in tondo per sfuggire a quel mostro affamato di carne umana.
Mimmo si era presentato al circolo che aveva solo dieci anni. Per provarlo, D’Altrui lo buttò a mare e gli fece fare lo squagliascumma con noi. A dieci anni! Cose che una mamma di oggi andrebbe a denunciarti di corsa, e così un magistrato aprirebbe subito un fascicolo e tu finiresti nel telegiornale.


Peppe Auriemma e Pietro Pagnini. Quelli li debbo ricordare insieme perché insieme stavano sempre, ogni momento: inseparabili “nemici”. Occhi scuri e mascella da duro Peppe, così serio, sempre misurato nei gesti e nelle parole, fidanzato da sempre con la stessa ragazza. ‘Nu sistematone insomma, come lo definiva Pietro. Pensate: lui indossava la vestaglia, comprata di seconda mano a Resina naturalmente, perfino in viaggio, nello scompartimento cuccette. In quella cuccetta Peppe non si addormentava, no, lui cadeva in catalessi, letteralmente. Lo vedevi con il libro aperto e gli occhi aperti, immobile. La prima volta lo spavento fu grande davvero: “Dino, chisto è muorto!”gridò Pagnini. Ci tranquillizzammo soltanto quando, accostato il nostro viso al suo, avvertimmo il suo respiro quieto e un russare lieve e quasi timido, per discrezione probabilmente.
Pietro invece…
Beh, Pietro meriterà un capitolo a parte. Sempre insieme e sempre a litigare, per qualunque cosa. Tanto che in camera  veniva inevitabilmente aggiunto un letto per me, mandato  a fare da cuscinetto tra i due. Una volta, sempre per quel benedetto fatto del bagno in fondo al corridoio, litigarono, insultandosi e strattonandosi a vicenda, per più di un quarto d’ora. “Aggia i’ primm’ io.” “No, vaco primm’io.” E tira e votta, e tira e votta fino alla drammatica, inevitabile conclusione: “me so’ cacato sotto!”

 

INVIACI UN COMMENTO

Aspettiamo i tuoi suggerimenti, le tue critiche, i tuoi commenti!


SEGNALA AD UN AMICO

Se il sito o un articolo ti sono piaciuti, perchè non dirlo ad un amico?