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I campioni della pallanuoto


Dino Simonelli, portiere della Rari Nantes degli anni 60, ci parla di alcuni dei tanti formidabili campioni contro i quali ha giocato; si tratta di un piccolo pezzo tratto dal suo racconto Una palla nell'acqua.



I nemici



A pensarci bene, meravigliosi erano anche quegli altri: i nemici. Sì, perché in acqua non esisteva l’avversario, esisteva il nemico. Un nemico che, incredibilmente, diventava amico appena finita la partita.
Quanti ne ho odiati di quelli là! Tra i primi, Eraldo Pizzo, il signore del centro vasca ma non solo. - Lui era il signore di Recco. Lo capivi quando veniva a darti il benvenuto la mattina in piscina: io sono il padrone qui, ti diceva con la sua sola presenza.- Autentico uomo squadra, tutto intelligenza, potenza e classe. Con lui Lavoratori: forti, fortissimi. Come fortissimo era il loro tiro. E che dire del tiro di Parmegiani? Una saetta. E per forza! Rosario Parmegiani aveva un fisico che gli permetteva di partecipare ai concorsi di culturismo. E non era soltanto muscoli gonfi lui, era forza pura. Durante un incontro tra Italia e Germania, proseguì lo scontro con il difensore tedesco, uno che di mestiere faceva il tagliaboschi nella Foresta Nera, anche fuori dall’acqua: quello afferrò una panchina, lui ne afferrò un’altra e via, l’uno contro l’altro. Come in uno di quei terribili film di allora: Ercole contro Maciste. Dovettero intervenire in dieci per dividerli. A Rosario, però, il gol glielo perdonavo, perché dopo aver segnato mi guardava e mi sorrideva, e non per sfottermi bensì quasi a chiedere scusa. E poi, ogni tanto, qualche parata me la faceva pure fare. E che parate allora!
Chi mi faceva incazzare era De Magistris: lui ti segnava perché ti voleva segnare, per cattiveria.
Quanti ne ho odiati di quegli attaccanti e quanti ne ho invidiati di portieri! Quelli del Recco, innanzitutto. Sempre calmi, sicuri, sembravano non sapere cosa fosse l’emozione: Rossi, una vera saracinesca tra i pali, e quelli che gli sarebbero succeduti, Merello prima e poi Alberani, secco secco con quelle braccia lunghe lunghe che non ci metteva niente a farle arrivare in tutti gli angoli, quelli di sopra e quelli di sotto; Spinelli, il fiorentino che non era capace di stare zitto nemmeno in acqua e con la sua battuta sempre pronta e pungente era capace di smontare anche l’avversario che gli arrivava contro; Fanti del Nervi. Però quello, a pensarci bene, lo invidio soprattutto perché sposò una ricchissima ereditiera.
Dopo ne sarebbero arrivati altri di portieri fortissimi. Di quelli della Canottieri vi ho parlato già, e la tradizione sarebbe continuata con gli Scotti Galletta e i Trapanese, ma quelli che più amo ricordare sono quelli con la calottina biancoceleste, che poi era comunque rossa: il povero Isidoro D’Isanto che prese il mio posto quando emigrai a Posillipo, capace sempre di contagiarti con la sua allegria e la sua rumorosissima risata; e un altro, straordinariamente bravo, che cominciò quando finivo io: Giampaolo De Medici. Genio e sregolatezza, si dice. Lui fu proprio così: aveva tutto, ma non imparò mai ad apprezzare le qualità che la natura, o il Signore, come preferisco pensare, gli aveva donato.

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