Da qui puoi andare direttamente al contenuto principale

tre foto della campania e logo quicampania
icona per aumentare la dimensione dei caratteriicona per diminuire la dimensione dei caratteri

Tutte le sfumature d’azzurro


di Mauro Ventura



La discussione andava avanti, pacata, ma non trovava una conclusione. Poche sere fa a cena da me a tenermi compagnia due amiche non condividevano il colore del costume di Pulcinella. Sembrava superfluo per chi ascoltava risolvere la questione salomonicamente: è bianco, è sempre stato bianco e non si capiva perché bisognasse accapigliarsi dal momento che entrambe sostenevano una falsità. La prima era convinta che ormai il tempo avesse cosparso il tessuto di una patina giallastra, la seconda era convinta che solo l’azzurro ‘candido’ poteva far durare il colore per tutti questi secoli, la più chiara gradazione di azzurro esistente.
Eppure il vino che aveva accompagnato il cibo non era di alto tasso alcolico, fatto sta che solo un buon caffè e la ritrovata razionalità hanno poi sistemato la questione non senza una bella risata generale.





  • Carta da zucchero

Un tempo lo zucchero si vendeva a peso, impacchettato in una carta di questo caratteristico colore azzurrino. Pare che la colorazione servisse a mascherare eventuali macchie dovute al processo artigianale di fabbricazione..
La stessa carta, in formato extra-large veniva adoperata per avvolgere debordanti fasciami di ziti, linguine, mafalde, spaghetti e spaghettini lunghi anche mezzo metro, da spezzettare poi a casa raccogliendo con cura anche i piccoli rimasugli dello spezzettamento, elemento fondamentale per la scarpetta del ragù.
La carta non avvolgeva completamente la pasta e a mo’ di baguette l’acquirente se la metteva in cesta o sotto il braccio, era la carta per maccheroni, forse il colore era lievemente più scuro, come quello delle gallette di Castellammare. Venivano offerte ai caselli della Napoli-Pompei ora sostituiti da orrendi orsacchiotti semoventi e musica neomelodica su cassette, CD e chiavette usb.

  •  Posillipo

L'aria diffonde un sapore di erba di scoglio. Una cantina di pescatori ha il lume già pronto per una rinnovata clientela. La fenestella domina e sorveglia. L’erba di scoglio trattiene il suo odore, lo rilascia a rate per respiri balsamici, il mare di Posillipo profuma come nessun altro mare al mondo, è dunque azzurro-turchese, dono dell’erba generosa di olezzi.

  • Gli occhi di Marinella          

Coll’espressione di chi ti guarda per garbo ma che per la tristezza di un momento abbassa il capo celando un passeggero grigio malinconico e assente, così la conobbi. Marina in realtà ha due occhi azzurri che nel normale stato d’animo ti lanciano sensazioni di mare caprese e quando ti sorride sono di azzurro a cielo aperto in un giorno di primavera. Da quando le dissi che i suoi occhi erano da Marina Piccola, ho cominciato a chiamarla Marinella. Se si gira di spalle un momento, attendi con pazienza che ti restituisca il suo sguardo, la vedi al telefono, ti osserva quando ti manda una lettera, la senti fissarti solo se la immagini. Quando la incontro le chiedo di chiudere un attimo gli occhi e di riaprirli dopo un po’ per godere di quelle ciglia in movimento, sipario di spettacolo.

  • Le magliette del Napoli      

Mia madre e il Napoli sono nati nello stesso anno. Ne sarei tifoso anche se appartenesse ad altre coincidenze. Se c’è un esempio concreto di variazione di nuances di azzurro è proprio il caso delle magliette del Napoli Calcio nel tempo. Ricordo un azzurro forte, quasi blu, indossato da Sivori ed Altafini che cullavano un nascente capitan Juliano e l’azzurro meno intenso, quello attuale, malgrado contaminato da gadget pubblicitari vari e variopinti, centrati da un anacromistico rettangolo rosso per far bere i tifosi. Infine rammento l’azzurro pallidissimo di vergogna, il triste celeste della serie C che è l’estremo opposto della gamma, è durato per la cronaca un paio d’anni, per la fede un secolo di purgatorio.  

    

  • La grotta     

Il comune di Anacapri ne è giustamente orgoglioso. Le antiche rivalità isolane non impediscono a turisti di tutto il mondo di goderne. Se non ci fossero stati i girasoli li avrebbe inventati Van Gogh, se non ci fossero stati i cavalli li avrebbe inventati De Chirico, se non ci fossero stati i tori li avrebbero inventati o Goya o Picasso o Dalì, ma se non fosse mai esistita la ‘grotta azzurra’ l’avrebbe certamente edificata Caravaggio.
La magia della luce che al suo interno riesce a penetrare attraverso un piccolo adito fa sì che ogni oggetto venga straordinariamente sottoposto ad un arricchimento cromatico fino all’ultimo dettaglio. Una barca, un bimbo incuriosito dal fondale, lo stesso sub sotto osservazione ricevono una pennellata di vita e di arte che solo il discusso pittore avrebbe potuto rappresentare su tela. E chissà che nel sul peregrinare trasgressivo sui lidi partenopei non si sia magari imbattuto in una traversata del golfo con barca, piccone e aiutanti.

  • Balabang    

L’inquietante nome non appartiene ad un gangster o animale feroce, bensì ad un mezzosangue del trotto  partenopeo di qualche annetto fa. Di proprietà dell’allevamento Presenzano aveva due caratteristiche: se non rompeva dopo pochi metri l’andatura per cui lo si vedeva risalire mogio la via delle scuderie, riusciva spesso a schizzare in testa e mantenere la posizione fino al traguardo. La seconda era il colore splendido della giubba blu di Baldi che ne era il driver. Lo si distingueva sempre fra gli altri, sembrava un topazio volante ed era uno dei tanti campioni che non si chiamavano Tornese o Varenne, uno dei tanti protagonisti del trotto di Agnano. L’ippodromo era mèta di appassionati e scommettitori. La tribuna delle autorità profumava di glicini e gelsomini; sempre affollata di ricchi allevatori e splendenti dame era frequentata da personaggi del cinema, teatro, televisione, altri sport. Ricordo in particolare De Sica, Delon (grandi scommettitori) ma soprattutto un signore snello ed elegantissimo in grigio-azzurro con lussuosi occhiali dorati, solitario in tribuna ma contemporaneamente circondato a pochi metri da cinque o sei personaggi stile Borsalino. Mio nonno mi disse di osservarlo solo un istante e di non fissarlo troppo. “Come si chiama, nonno?” “Lucky Luciano” “Che vuol dire Lucky?” “Fortunato” “Allora vince sempre” … “No non è ne ha bisogno, caro”.

  • B. B.             

Il blu della bandiera di Francia non è quello esposto davanti ai vari Consolati, Istituti Grenoble e altre istituzioni transalpine, lo devi vedere in sede, a Parigi. Con le spalle alla Madeleine e lo sguardo rivolto lontano altre la ‘Concordia’ e la’ Senna’ ti colpisce in vetta al Palazzo dell’Assemblea Nazionale, è lui legato all’asta, il bianco e il rosso gli si aggrappano per non cadere nel vento. Quel blu l’ho visto una domenica di giugno che precedeva la mia ‘maturità’. Via Margutta, era il colore di fondo a pois bianchi dell’abito di una ragazza che fuggiva, nell’assolato pomeriggio, da qualcosa, da qualcuno, mantenendo a malapena il cappello a falde larghe bianco, a pois blu.  Mi si avvicinò chiedendo soccorso, era inseguita da un nugolo di paparazzi che stavano per voltare l’angolo per raggiungerla fatalmente. Le offrii l’ospitalità di un quarto d’ora nel portoncino per combinazione aperto del mio liceo. Parlava francese ma si faceva capire. I miei 18 anni, l’emozione della scoperta e l’insicurezza di poter sostenere un qualsiasi comportamento disinvolto accettando il suo invito a prendere un aperitivo nel vicino Caffè Rosati, si risolsero in un semplice "Alors, bien, merci beaucoup, serà pour la prochaine fois". Non sono mai più stato così vicino all’Olimpo.

  • Matilde

La cara amica di mamma’ aveva deciso di cambiare parrucchiere per il consueto ritocco in tinta. Chi lascia la via vecchia per la via nuova si becca il colore che trova. Visibilmente disperata con un improvvisato copricapo-foulard attendeva trepidante il 122 che doveva ricondurla a casa oltre che alla ragione dopo la sconsiderata decisione di mettersi in capa un colore indefinibile, a metà strada tra il blu di Persia … il celeste Las Vegas. Riconobbi la strana Fata Turchina e capii che aveva decisamente bisogno di aiuto.
Possedevo una sgangherata Fiat 600, adattissima a me e ad i miei amici contemporanei che consentiva: sosta selvaggia all’università, scorrazzate sulle spiagge fuori stagione, consumo limitato, nessuna preoccupazione per la carrozzeria, ed infine la possibilità di girare di 180° il sedile di destra ormai divelto per creare una specie di salottino per i passeggeri. Ma tutto questo la cara Matilde non lo sapeva. Il sedile, appena poggiato, sembrava come tutti gli altri ed in quel momento era nella sua posizione canonica. Si accomodò, mi ringraziò per la comprensione e mi pregò di lasciarla il più vicino possibile alla sua abitazione. Detto, fatto. Il solito traffico dell’ora di punta non consentiva una velocità elevata ma non appena riuscii a trovare un varco, sgommai improvvisamente senza rendermi conto assolutamente delle conseguenze di quella manovra. In un istante il sedile si cappottò e con esso Matilde, finì a gambe levate, volarono fuori dal finestrino foulard e giornali. I suoi collant facevano pendant con la capigliatura. Un urlo agghiacciante anticipò una serie breve ma decisa di imprecazioni ed infine: "Fammi scendere sciagurato, preferisco affrontare la folla che rischiare la vita e stasera lo dirò a tua madre".

  • Coppi

Un fisico tipico: alto, snello non particolarmente muscoloso, viso lungo ma un torace con due cuori e quattro polmoni, e due polpacci da colosso di Rodi. Ho sognato di pedalare finalmente senza rotelle un Bianchi, la sua bici. La TV era in bianco e nero, la sua maglia era bianca e grigia, poi iridata ma per noi erano solo 5 sfumature di grigio. Mi regalarono una piccola Brillantea, la Bianchi costava troppo. Pedalavo in Villa Comunale tra piccioni, bambini in carrozzina e palloni vari. Accettavo la riduzione dei miei sogni e il giorno in cui il grande Fausto venne sul lungomare per una performance, in tribuna c’era la sua Dama Bianca, lui tornava a vestire la maglia originale della Bianchi, era di una splendida componente azzurro-Argentina.

  • Eccetera

Questo ultimo titolo va tradotto in omissis, in effetti l’elenco è molto più lungo e ci vorrebbero decine di pagine, centinaia di azzurri, fra i quali mi tornano prevalentemente in mente:
La Citroen Dyane che accompagnò me e due amici per un mese in Scandinavia a scoprire un paradiso terrestre.
Le lobelie dei giardini di Merano uguali a quelle di Via Camerelle.
Le maglie gloriose della squadra di Hockey Sportivi Ghiaccio Cortina, bizzarra passione di uno scugnizzo così lontano dal mare.
La mantella della statua dell’’Immacolata la sera del mio ricovero al FFBBFF per un frontale della mia Vespa con una Mercedes un po’ distratta.

  •  Blu notte

Avendo cominciato l’elenco con una forzatura, coerentemente … se il camicione di Pulcinella non è bianco ma azzurro candido, anche il triste nero non esiste, è solamente … un intenso blu notte.

 

                                                                                                                                                           
  … e buona notte.

INVIACI UN COMMENTO

Aspettiamo i tuoi suggerimenti, le tue critiche, i tuoi commenti!


SEGNALA AD UN AMICO

Se il sito o un articolo ti sono piaciuti, perchè non dirlo ad un amico?