Torinapoli: breve ed infelice contrazione semantica coniata per una metropoli fantascientifica fondata circa 10 anni fa dall’unione di due grossi quartieri, uno continentale, l’altro marittimo, tenuti insieme da migliaia di movimenti pendolari umani.
La città dunque si mantiene sull’equilibrio dinamico generato da contrapposti flussi e forze di attrazione e repulsione, insomma una trottola. Esistono varie opportunità per gli spostamenti in seno al territorio: in poco tempo ad occhi chiusi, con il dispositivo ‘AZ’ ti ritrovi dalle falde di Superga a quelle del Vesuvio e viceversa, oppure, sempre ad occhi chiusi, dopo qualche altra mezzoretta, tramite ‘Frecciarossa’, da un centro all’altro dei due quartieri. Il terzo dispositivo, brevemente ‘A1’ non consente di avere occhi chiusi, ma è adattissimo al baratto di generi vari, mozzarella per fontina, babà per gianduiotti, bollito misto per genovese …
In riva al mare si vivevano anni difficili, eravamo in pochi coraggiosi a tentare di trasdurre le seppur giustificate paure occupazionali in speranze consolidate di mantenimento di dignità lavorativa e magari manageriale. Direi che le terrificanti prospettive del 2001-2002 sembrano ormai lontane non solo nel tempo. Sebbene di fatto venisse ‘interrotta’ la sacralità della storia del Banco, malgrado la perdita mai del tutto metabolizzata di una eccellente autonomia tecnologica, una buona parte di quella nostra efficienza è ora parte essenziale del Gruppo evolutosi, prima e meglio dei più recenti eventi di integrazione nati con presupposti più ambiziosi.
Non è un tentativo di autocelebrazione per aver difeso nel mio piccolo con unghie e denti l’unità lavorativa che conducevo trasformatasi poi ‘in controcorrente’ in un riferimento per il resto della crescente azienda, donne e uomini che non senza difficoltà hanno fatto si che l’impianto iniziale rimanesse immutato, addirittura assorbisse anche funzionalità proprie del ‘nord’ e diventasse un significativo polo gestionale. Il merito è soprattutto di chi mi è stato a fianco e di chi un certo giorno mi ha sostituito con almeno pari dignità.
Quel giorno, infatti, l’ammiraglio responsabile della nascita e crescita prepotente della flotta tecnologica bancaria ad oggi ‘Intesa’ mi offrì il trasferimento definitivo a Moncalieri per un necessario ed interessante incarico. In me sorsero seri dubbi beffardi ma spinto anche dai miei famigliari che presumibilmente non mi volevano più fra i piedi, accettai.
La presentazione di tutte le nuove strutture, avvenne durante una ‘saporita’ convention in Piazza San Carlo; il ‘nostro eroe’ mi consegnò pubbliche parole di elogio suggellate da una vigorosa pacca sulla spalla e sotto voce aggiunse che avrei così completato gli anni di carriera nel migliore dei modi; mi sarei occupato di una disciplina nuova.
Di colpo provai la stessa sensazione di smarrimento allorquando, decine di anni prima, mi parlarono di bit, byte, input, output. Temevo che di quell’evento san paolino in concreto mi restasse unicamente l’impronta delle dita sulla mia giacca.
Al contrario, ho acquisito realmente una professione che tuttora svolgo come free-lance; vivo ormai a Torino sebbene sia attivo prevalentemente su Milano (il pendolare non perde il vizio).
Tornando alla pseudo metropoli, alquanto grigia su, e blu un po’ più giù, risulta fin troppo istintivo accostare il concetto dei due poli all’attualissimo ‘centocinquantenario’ dell’unità d’Italia. E’ più di un secolo e mezzo che Torino rincorre Napoli, snocciolando motivi di missioni unitarie, industriali, finanziarie, ed anche artistiche. Napoli, di contro, con la prudenza, talora diffidenza, di chi si è trovato spesso in soggezione sociale, economica e mediatica, non sempre ha accolto con entusiasmo le avances, come in ogni regime in cui vige il principio dell’equilibrio emotivo, comportandosi magari in maniera ancora più sabauda degli stessi piemontesi ma forte anche di una tradizione sovrana europea senza paragone.
Col tempo tuttavia Torino si sta un po’ ‘napoletanizzando’, naturalmente in senso buono; lo si nota nella ricettività, negli umori, nei colori, nelle iniziative artistiche e culturali in genere, nella maggiore apertura al dialogo, comportamento meno provinciale che in passato, grazie anche all’inserimento di svariate etnie che nel bene e nel bene recano i loro contributi, più o meno in armonia col contesto ma che esaltano ancor più il movimento intellettuale, la riflessione, un po’ di sana rivisitazione della proprie teorie a volte troppo blindate e soprattutto ti fanno familiarizzare con sentimenti inediti, quali la tolleranza, il rispetto della diversità, la presa di coscienza di non essere mai perfetti.
Le olimpiadi, la universiadi, le ‘sindoniadi’, le centocinquantenariadi e tanto altro hanno contribuito in maniera determinante al successo dell’internalizzazione e dei profitti della città.
E Napoli? Sappiamo che può fare lo stesso ed anche di più ma non voglio assolutamente impegolarmi in discorsi triti e ritriti, negli esempi civici che non riesce ad emulare, della propria inestimabile ricchezza che non riesce a difendere.
Oggi volevo solo presuntuosamente raccontarmi uno squarcio della mia vita, del mio lavoro, dei miei sentimenti appartenenti a Chiaia, donati in prestito alla Crocetta dove abito e dove dalla piscina dell’alto terrazzo condominiale dirigo spesso lo sguardo oltre il Monviso, perché lì …… c’è il mare.
di Mauro Ventura