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Poesie e prose intime


di Nadia Sgherzi


        

 

 

 


poesie e prose intime


Frammenti di luce


La tua mano nella mia,
il sorriso di un uomo che ridiventa fanciullo,
una carezza lieve sul mio volto,
un bacio che sfiora le labbra,
una parola gentile,
un messaggio affettuoso, carico di simpatia,
una musica che rievoca momenti felici,
o che invita al sogno………
ed è l’alba di un giorno radioso,
anche se fuori la pioggia è battente
ed il mondo sembra aver dimenticato com’è bella la luce
e come si vive bene in un’armonia di intenti.







Ho rubato una stella


Ho rubato una stella perché ti illumini il cammino
Ho rubato una stella perché ti doni il suo splendore
Ho rubato una stella perché ti dia luce e calore,
l’ho rubata per te, perché ti tenga compagnia,
anima mia
e ti faccia provare meno dolore
scaldandoti il cuore, nelle notti fredde e buie.
L’ho rubata per te, conservala, custodiscila,
è un regalo prezioso, di cui esser fiero, di cui essere orgoglioso,
è un regalo speciale, che può trasmetterti energia
e, se entri in sintonia, può darti…chissà, parte della sua magia;
è un regalo speciale, speciale come te, gioia mia, 
per te che, bello, buono, indifeso e disarmante,
volgi lo sguardo a terra, quasi cercando un contatto col mondo circostante,
l’ho rubata per te e ne ruberei tante ed ancora tante
per darle a te, ad una ad una,
a te, che sei figlio della Luna.







Ho tre nipoti


Ho tre nipoti, belli come il sole,
il primo, con gli occhi scuri ed i capelli neri,
indomito guerriero dallo sguardo fiero,
principe sognante, si apre poco al mondo circostante,
e viaggia spesso con un gran cartello, scritto a pennarello,
che dice, in modo esplicito e conciso:
“Non disturbare”
ciò nonostante si lascia guidare,
e gli piace tanto leggere, studiare, sognare.
La seconda, bruna, dai capelli lunghi e dagli occhi grandi da gazzella,
bella, serena, adamantina, come la brezza di prima mattina,
conquista tutti per la sua dolcezza e per la tenerezza del suo far da” mammina”.
Anche a lei piace studiare, ma sa pure suonare, ballare, disegnare,
e i suoi disegni si fanno apprezzare per quel tripudio di colori, di fiori,
di arcobaleni sfumati, appena accennati,
di paesaggi stupendi con mari tranquilli, con barche che vanno a vele spiegate,
col sole che scalda tutta la terra.
E mentre disegna si coccola Aron, un cane pregiato,
dal pelo lungo, bianco come la neve, da lei molto amato.
La terza, con i capelli color del grano,
e con negli occhi pagliuzze di filigrana
conquista tutti col suo sorriso accattivante, birichino, spumeggiante.
Coltiva due passioni: studiare e cavalcare
ed ama i suoi cavalli che tratta da amiconi.
Li abbraccia, li bacia mentre li fa mangiare
ed è infelice quando li deve salutare.
A volte è come un mare in tempesta,
a volte è dolce come il miele, ed allora è una gran festa.
Detesta essere svegliata o rimbrottata,
ma è gentile ed educata.
Ho tre nipoti, cari tutti e tre, diversi, ma simpatici e speciali,
tre nipoti, che ho visto nascere
e sto vedendo crescere,
doni preziosi,
di cui esser fieri, di cui essere orgogliosi.
E se li vedo o li sento, credetemi, non dico una bugia,
è come una magia, divento un po’ bambina,
mi passa l’apatia, quella mia malinconia,
ho voglia di cantare, di ballare, di giocare
e di dir loro:
Cercatevi, aiutatevi, amatevi
Tendetevi la mano, prendetevi per mano,
e vedrete che, come per magia,
anche a voi passerà, la malinconia, l’apatia
ed avrete di nuovo voglia di cantare, di ballare, di giocare
ed i momenti bui saranno meno bui,
i paesaggi scuri saranno meno scuri.
Ho tre nipoti, belli come il sole,
che ho visto nascere
e sto vedendo crescere,
doni preziosi,
di cui esser fieri, di cui essere orgogliosi.





Ricetta del buon vivere

Un pizzico di sale,
un pizzico di pepe,
e tanto, tanto zucchero.
Aggiungere all’impasto:
farina, uova, burro, rigorosamente “bio”,
aromi profumati e Champagne,
ma quello dolce, con tante bollicine!
Per dare tono: briciole di fiori dai colori intensi,
o delicati, secondo l’occorrenza.
In ultimo, il lievito,
non ha importanza quale, l’importante è non dimenticarlo.
Cuocere a fuoco lento,
dopo aver preriscaldato il forno.
Poi, decorare il tutto con petali di rose,
scaglie di cioccolato fondente e….
tanta, tanta panna montata.
Direte, ma è facile !!!.
No che non lo è,
bisogna saper dosare gli ingredienti…….
Altrimenti che ricetta è?






Avevo diciotto anni

Papà, avevo diciotto anni quando sei andato via,
avevo diciotto anni e mi sentivo in preda alla follia
arrabbiata con la vita, triste, sola ed avvilita
abbandonata, senza protezione, senza amore,
col mio fardello di ansia e di dolore. 
Con le mie fragilità di adolescente,
vivevo una vita deludente,
ciononostante studiavo, sognavo e speravo in un futuro migliore.
Piangendo, in un momento di disperazione,
ti ho chiesto di non abbandonarci,
in fondo al mio cuore provavo amore per te,
nonostante i tuoi dinieghi, ti rispettavo e ti stimavo,
anche se, tante volte, non capivo, non approvavo e mi ribellavo.
Quel giorno, affrontando con coraggio la questione,
te ne chiesi la ragione,
ma tu, chiuso nel tuo silenzio, mi dicesti
“È tardi, non c’è più nulla da salvare”
“E la famiglia? I figli?”
“Un giorno capirai”
Parole sibilline, intanto te ne andavi così, senza una spiegazione,
lasciandomi con tanti punti di domanda,
dandomi la sensazione che la vita altro non è che dolore,
forse per te, papà, che ti portavi nel cuore tanta disperazione:
la guerra, con i suoi lutti e i suoi dolori,
un padre perso a vent’anni,
una famiglia da portare avanti
tu, il primo di sette fratelli,
così giovane già con tanti fardelli
e quella sorella, poverina, finita tragicamente
che hai tentato di salvare, ma tutto inutilmente,
e poi, poi, poi…
ma io che c’entravo, con i tuoi lutti e con i tuoi rancori?
Io che ero nata finita la guerra dovevo essere per te fonte di gioia, di amore e non di dolore.
Avresti dovuto festeggiare tutti i miei compleanni,
speravo almeno una volta, a diciott’anni,
invece mi hai punita, per darmi “una lezione di vita”
Ti avevo chiesto il permesso solo il giorno prima,
perché era un sogno che mi portavo nel cuore
ed avevo timore di te, avevo paura di parlare con te,
sempre   accigliato e di cattivo umore.
“Troppo tardi!” ti avevo chiesto il permesso solo il giorno prima,
e questo significava, per te, tramare alle tue spalle, non rispettare.
Due parole, mi liquidasti così con due parole,
dette senza considerazione, senza amore.
A nulla valsero le scuse, a nulla le lacrime profuse.
Tu uscisti da casa, lasciandomi sola e disperata,
con inviti da annullare,
un buffet da buttare
e il vestito, bello, di un rosa pallido, impreziosito da perle di cristallo,
disegnato da me per quel giorno tanto vagheggiato,
riposto nell’armadio senza poter essere indossato.
Ed il ragazzo che mi piaceva tanto l’ho perso in quel momento,
perché non ha compreso il mio tormento.
Odiavo la solitudine, volevo amici intorno,
ma mi dicevi “nella vita si è soli”
“Devi imparare a conviverci con la solitudine,
ad affrontare da sola ogni inquietudine”.
“Formarsi una famiglia?”
“Si, ma minimo a trent’anni”
“Prima bisogna studiare, maturare, farsi apprezzare,
puntare in alto, e poi ci si può sposare”
“E l’amore?” papà
“Quei palpiti del cuore che danno senso alla vita,
che ti danno calore, che ti fanno affrontare anche il dolore?”
“Bisogna dare poco spazio ai sentimenti, bisogna fortificare il cuore”
E così te ne sei andato e non sei più tornato.
Avevo diciott’anni, l’età più bella, ricca di sogni e di illusioni,
ma sei andato via, lasciandomi nella più nera disperazione,
ipotizzando che la vita è solo dolori,
ma l’amore, papà, io l’ho trovato e prima dei trent’anni
e mi ha salvato,
ed è stato l’amore che mi ha ricondotto da te,
perché io ti ho cercato, sempre, ti ho amato,
e quando eri solo ed ammalato ti ho aiutato,
e quando anche io mi sono ammalata gravemente,
temendo per la mia esistenza, dimenticando me stessa
ogni giorno venivo da te e ti tenevo la mano,
ti parlavo e ti chiedevo conforto,
ma questo non lo sai, perché tu non vedevi, non sentivi,
perso in un coma profondo, lontano oramai dal nostro mondo.
Ogni giorno, febbricitante, sofferente nel corpo e nella mente,
non perdevo un istante di quei momenti preziosi,
mi alzavo dal letto per venire da te, a tuo capezzale,
in quel letto di ospedale;
ti venivo a cercare perché, nonostante la tua severità, i tuoi dinieghi
in fondo al mio cuore, io so che tu hai provato amore,
ed è per questo che ho cercato di capire
e di venire ogni anno da te,
in quella cappelletta di famiglia,
la tua seconda famiglia,
a portarti un fiore,
ad aprirti il mio cuore,
a dirti che mi manchi
che per me sei stato una roccia, un baluardo,
che mi hai tolto, ma mi hai anche dato tanto,
a dirti che oggi sono in pace con me stessa e con il mondo intero,
oggi che di anni ne son passati tanti,
oggi mi asciugo le lacrime e non ho rimpianti
perché, papà, io non mi sento sola,
ho affetti, amici e ancora tanti sogni,
e credo che la vita è bella ed   anche se non mancano i dolori,
è sempre un tripudio di suoni, di canti e di colori,
e se ti prende la malinconia, cacciala via,
guardati intorno, cogli l’essenza dell’esistenza,
vivi in pace, in allegria, in armonia con gli altri
e, perché no, anche con un pizzico di salutare follia





Ad un amore lontano nel tempo

Sensazioni, impalpabili emozioni,
ricordi indelebili di un tempo lontano.
Mi guardi, mi cerchi, mi stringi la mano
e con lo sguardo mi sussurri ……t’amo.
Suonavi la chitarra con ardore infinito
e con lo stesso ardore ti avvicinavi a me
cantandomi il tuo amore.
Mi cerchi, ti cerco con gli occhi della mente,
ti voglio, mi vuoi, disperatamente,
ma il sogno resta sogno,
la realtà mi prende,
una realtà amara, deludente,
di due adolescenti separati per sempre,
due adolescenti semplici e spontanei,
che si guardavano negli occhi,
e teneramente si tenevano per mano,
rubando i momenti, sfidando gli eventi,
sperando, sognando un futuro diverso.
Oggi la tua chitarra, muta per tutti,
suona ancora per me
e tu, perduto nel nulla, nel nulla infinito
sei un mito,
il mito di un amore lontano, lontano nel tempo.
La nostra storia appena accennata, ci è stata negata.
La rabbia ed il dolore si rincorrono dentro di me,
si inseguono, si alternano,
mi turbano, mi prendono,
ma poi si stemperano, quasi per incanto,
in un pianto sommesso.
Piango e per la prima volta benedico quel pianto
che mi portavo dentro con rancore,
per il rimpianto di non aver vissuto un amore.
Oggi la rabbia ed il dolore di un tempo
lasciano il posto ad un velato senso di malinconia
non per quel sogno irrealizzato,
ma per quello che eri e non sei più,
per quella chitarra muta,
per le tue sofferenze,
per la tua vita spezzata.
Un giorno mio fratello mi ha detto:
“Peccato era un mio amico,
mi aveva parlato, mi aveva detto che si era innamorato
ma io non gli ho creduto, l’ho ostacolato
e tu poi eri così giovane, avevi sedici anni!
Peccato, se n’è andato quando era all’apice di una brillante carriera,
sai era diventato medico in Accademia
 ed era un Generale, stimato, simpatico e cordiale,
peccato, era un mio amico
e sarebbe stato per te un buon marito”
Non gli ho risposto, avrei dovuto dirgli tante cose,
le ho tenute per me,
oggi a che serve parlare, a che serve ancora rivangare?
A che serve dire: “Le ragioni del cuore lasciamole al cuore,
nessuno ha il diritto di ergersi sovrano,
di decidere per gli altri, di forzare la mano,
di togliere la libertà, ossigeno vitale,
di privare qualcuno dell’amore
nessuno ha questo diritto,
neppure se è un padre o un fratello maggiore”

 

 

 

 

Il seme del bene

In quel guazzabuglio che è dentro di noi
trovare le cose è difficile ed estenuante
soprattutto se ciò che cerchi è importante.
Il cammin della vita, nella sua corsa infinita
fatta di mille illusioni,
poche gioie e tanti dolori,
si presenta tormentato e tortuoso,
faticoso, laborioso,
costellato da strade e stradine,
un dedalo di viuzze, serpentine,
un percorso impervio,
fatto di discese e di salite,
di solito poco gradite,
di stasi o di accelerate,
di strade a volte semplici e lineari,
a volte fuorvianti, ma sempre interessanti.
In quel guazzabuglio che è dentro di noi
tra sentimenti o desideri inespressi, vaganti nel buio profondo
cercare il seme del bene può scoraggiare
ma, se ti dai da fare, lo puoi trovare
ed allora, anche se è piccolo, è prezioso,
proteggilo, salvalo dalle intemperie,
coltivalo, perché ti dia il suo frutto raro e miracoloso
e quando ne sarai padrone, non guardare solo te stesso,
allontana l’egoismo, l’egocentrismo,
che ti procurano danno e dolore,
volgi lo sguardo altrove,
dona altruismo e ne riceverai amore,
veleggia sicuro nel mare in tempesta
e sarà una gran festa trovare la quiete,
togliendo l’arsura, donando frescura
a chi ne ha bisogno.
Allora sì che potrai affrontare malanni, disagi, tormenti
In tanti momenti.
Forse l’essenza della vita è in una serenità acquisita
nel fronteggiare eventi devastanti, nel portare avanti,
tra gioie e tormenti, un cammino impervio, ombroso, nebuloso,
fatto di pochi momenti di luce pulsante, rigenerante,
che, anche se brevi, sono comunque così intensi ed importanti
da darti la forza ed il coraggio di andare avanti.  

 

 

 

 

Sogno Di Primavera

Vorrei addormentarmi su un prato fiorito,
vestito di mille colori, a ridosso di un bosco incantato,
popolato da gnomi e folletti,
vorrei farlo in primavera, al calar della sera,
cullata da un vento tranquillo, pacato,
col riflesso argentato della luna che mi bacia la pelle
e, sul cuore, un libro d’amore,
uno di quelli a lieto fine, che ti fanno sognare
e sperare in un mondo migliore.
Vorrei farlo serena, tranquilla,
lontana da ogni frastuono, lontana dal suono
assillante, assordante, ricorrente di notizie funeste,
di catastrofi ambientali prevedibili o previste
di un pianeta da salvare;
di violenze subite,
di morti annunciate, che si potevano evitare,
della pandemia che ogni cosa spazza via,
distruggendo il presente, affossando il futuro,
della borsa che sale e che scende,
e che ti prende in un vortice di collettiva follia;
di gente avvilita perché perde il lavoro e contesta,
e non viene aiutata, capita, ascoltata
se non da coloro che la guerra l’hanno già affrontata.
E che dire delle eterne discussioni sul color della pelle,
e su come combattere la fame nel mondo
e l’odio tra la gente?
E delle guerre che non finiscono mai,
che distruggono, annientano, tolgono libertà,
soprattutto alle donne, che da secoli lottano per una parità,
delle guerre combattute in nome di un potere superiore,
sotto la spinta dell’odio che uccide l’amore,
e che porta ad indicibili atrocità.
Ti prende una rabbia infinita,
ingigantita dal sentirti impotente,
ed allora vorrei addormentarmi così, in un silenzio ovattato,
animato da grilli riposati ed arzilli,
riunitisi in concerto,
per offrire diletto anche a quelli sprovvisti di biglietto.
Vorrei addormentarmi così,
e risvegliarmi, alle prime luci del giorno,
ritemprata, serena con me stessa,
stupita, stordita da tanta bellezza
colma di nuovo ardore,
con un libro d’amore sul cuore,
col chiarore dell’alba
ed il tepore del sole che ti bacia e ti accarezza la pelle,
con gocce di rugiada scintillante,
che tolgono l’arsura al mondo circostante,
tanto che, la natura, rigenerata, possa fare il suo corso,
donando piante, frutti e fiori
in una splendida armonia di colori, profumi e sapori.




Le lacrime del mondo


Camminava, di prima mattina, nel prato bagnato,

con passo lento, affaticato, provato,
il volto rigato di lacrime amare,
il corpo spento, gravato, piegato, chiuso nel mare del proprio tormento,
sentendosi sola nella sua sofferenza,
sola e sperduta nel caotico vortice dell’esistenza.
Non riusciva più a sognare, a desiderare, a provare pulsioni,
persa nel buio delle proprie emozioni.
Lacrime dure, salate, rotolavano giù da quel volto segnato,
e lo sguardo annebbiato, velato
chiuso al mondo per non vedere, per non sentire,
mentre si macerava dentro, si martoriava tanto da sentirsi morire.
Gocce di rugiada, presenze silenziose, accoglievano pietose quelle lacrime,
nella spasmodica ricerca di un vivere in simbiosi.
Scintillanti nel chiarore dell’alba, si cercavano l’un l’altra, si baciavano, si toccavano, la lambivano,
trovando e portando conforto a lei ed a sé stesse,
con quel soffio d’amore, essenza vitale, senza il quale sarebbero state anime perse.
Quel tocco leggero, l’aria umida e fresca di prima mattina, sembrò risvegliarla dal torpore
E nel silenzio di un’alba dorata   con enfasi gridò al vento:
Perché, perché tanto dolore, perché…. 
Il vento non rispose, ma sopito fino a quel momento, si scosse,
con grande stupore squarciò le nubi con vigore
ed il sole, apparso in tutto il suo splendore, donò calore;
scaldò, tra le cose del mondo, le gocce di rugiada che si erano date con gioia e con amore;
secondo un disegno, lacrime preziose, avevano donato, al mondo, nuova vita e splendore.
Presenze silenziose, finalmente placate si asciugavano, si abbandonavano, rapite dal sole.
Ed allora comprese che il segreto era lì:
rigenerata, accarezzò le foglie, i fiori, la natura intorno, dimenticando se stessa, i suoi dolori
e, fiore tra i fiori, rugiada nella rugiada, si lasciò andare ascoltando solo i palpiti del cuore, in un tripudio di
suoni, di luci e di colori.






Omaggio a Villa Dama, in Umbria


In questo posto ricco di magia,

dove la natura regna incontaminata,
dove tutte le cose acquistano una dimensione diversa,
come fuori dal tempo e dallo spazio,
dove ogni suono è musica
e tutto si trasforma in poesia,
qui ho ritrovato me stessa
e, in armonia col mondo…
"mi illumino d’immenso"

 

 

 

 

Omaggio a Villa Dama


Lo sguardo spazia lontano

verso colline che degradano dolcemente a valle
e mi circondano in un caldo abbraccio.
Il luogo meraviglioso invita a fermarsi
ed a ritemprare lo spirito.
Qui, come in altri luoghi dell’Umbria, si avverte la sacralità
di una terra verdeggiante, dove il silenzio,
la pace, la serenità regnano sovrani.
Fortificata, dimentico la stanchezza di giornate malinconiche lente a passare,
la sofferenza di tanti momenti, difficili da dimenticare
e, come per incanto, restano solo gli attimi belli,
quelli felici, fatti di cose semplici,
di gesti gentili,
di parole affettuose,
di baci, di abbracci, di amore,
che ti fanno dimenticare il dolore
e, rigenerata, m’immergo di nuovo
nella caotica vita di sempre,
fatta di lotte, contrasti, eventi un po’ dolci, un po’ amari,
portandomi dentro l’atmosfera, pigramente sognante,
di questo luogo ricco di magia,
mentre provo nostalgia,
ed un pizzico di velata malinconia.





Omaggio a Villa Dama 3


Giù nella valle tante piccole luci luminose,

immagini di vita pulsante,
brillano e danzano come mosse dal vento:
è l’aria calda che, salendo, produce questo effetto meraviglioso.
Bisognerebbe più spesso fermarsi a guardarle
e ballare, ballare con loro,
anche fino all’alba
questa silenziosa danza ricca di vita.
Può sembrare una follia ma io, questa notte, vorrei farlo
e perdermi così, nella luce argentata della luna,
e disperdere, nel vento, ogni tormento.






La pagina del tempo


Nella pagina eterna del tempo,

ognuno può annotare una storia,
una soltanto però, perché sono troppe, sono tante
e ciascuno ha diritto ad un suo momento,
e rivivendo la sua storia
la può annotare, rendendola immortale,
ma non deve essere una storia qualsiasi,
bensì una storia importante, interessante,
che faccia battere il cuore, o colpisca la mente,
suscitando ammirazione o stupore.
C’è chi scrive parlando di un dramma,
trasmettendo un dolore,
un dolore profondo, pungente, cocente,
che ti dilania dentro,
distruggendo col suo tormento pressante, soffocante,
che non ti lascia vivere, ma ti fa morire lentamente;
io preferisco parlare di amore,
sfuggendo al dolore, che tante volte ti insegue,
ti prende, ti stringe, ti annienta, ti toglie le forze,
disumano e perverso, feroce e spietato,
lasciandoti   inerte, indifeso, disperato;
io preferisco parlare di amore,
di un amore vero, grande, appassionato,
che non ti delude, che ti fa sentire importante,
che ti diverte e ti fa provare gioia, mentre ti scalda il cuore,
e ti fa provare uno sconvolgimento, un grande turbamento,
che è gentile, garbato, premuroso, colmo di sentimento
che ti illumina il cammino, rimanendoti vicino ogni momento,
splendendo del tuo splendore, felice del tuo amore,
che non ti ferisca, non ti faccia del male,
che sia sincero, appassionato, disinteressato
e non ha importanza se è quello di un fidanzato,
di un compagno, di un marito o di un amante,
l’importante è che non ti faccia morire dentro,
che non sia tormento o delusione,
che non susciti sgomento,
e che, prendendoti per mano, ti dia forza e coraggio,
in ogni condizione, in ogni situazione,
regalandoti sempre una bella emozione,
facendoti sognare, mentre ti porta via pian piano,
lontano, in un’altra dimensione.

 

 

 

 

Sogno d’amore


Tu, tu che sei poesia

tu, sei la vita mia.
E in questa dimensione di piacevole follia,
il tempo scorre lento,
ma non fa dimenticare le gioie ed i dolori
e tutte le emozioni
e tu sei mia, solamente mia.
Mi guardi e mi trasmetti le tue sensazioni,
in lotta con il tempo e con le tue passioni
tu sei mia, solamente mia.
Stendi la tua mano e, piano piano mi accarezzi il volto,
e mi sussurri…t’amo,
e in un solo momento mi perdo, ti perdi.
Milioni di scintille danzano nel vento,
ci prendono per mano,
ci portano lontano;
voli di gabbiani festosi e silenziosi
s’intrecciano superbi su mari maestosi;
popoli lontani si tendono le mani
e, in un solo momento, mussulmani e cristiani si sentono felici,
felici di amarsi,
depongono le armi e smettono di odiarsi,
ed il tempo scorre lento,
lento nello spazio,
e fa dimenticare gli odi ed i rancori;
i suoni ed i colori danzano nel vento,
si inseguono, si fondono in un solo momento
in questa dimensione di piacevole armonia;
e in questo sogno irreale, fuori dal tempo e dallo spazio
in un mondo diverso,
dove tutto ha il sapore di pura follia,
come per magia tu,
tu che sei poesia,
tu sei mia, solamente mia.

 

 

 

 

Qualcosa di importante


Come nebbia tra le foglie,

come vento tra i capelli,
i ricordi vanno, vengono,
mi lasciano, mi prendono,
mi sussurrano all’orecchio,
mi deprimono, mi entusiasmano,
mi allontanano nel tempo,
 mi avvicinano all’istante;
a volte son beffardi o irriverenti,
capricciosi o un po’ testardi,
chiari, limpidi, nebulosi e vaghi,
a volte son raggi di sole
un sole che scalda il cuore
se fa capolino tra le nubi di un freddo mattino,
a volte son pioggia battente,
devastante, sferzante,
che ti toglie la voglia di uscire,
passeggiare, agire
affrontare una nuova giornata,
 ma sono ricordi,
son dolci o amari,
son brutti o son belli
sono ricordi,
sono preziosi, sono importanti
ed è sempre un piacere averli!

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