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Il Terremoto


Vi proponiamo un nuovo racconto di Dino Simonelli tratto dal suo libro Napoli ...sempre.
Buona lettura!

La notte era stata lunga.
È difficile e faticoso fare il ventenne per chi i vent’anni li ha superati da almeno vent’anni.
Ora, in pieno pomeriggio, tentava di recuperare un po’ di forze per prepararsi ad affrontare Loredana, l’ultima, imminente conquista, con cui avrebbe dovuto trascorrere la sera della domenica.
Faceva caldo; troppo caldo per essere Novembre.
L’aria bassa pesava sulle palpebre.
Vittorio, però, sebbene stanco, faceva fatica a prendere sonno.
D’improvviso si spalancarono le ante dell’armadio posto di fronte al letto: il terrore catapultò Vittorio in piedi…”mamma mia, gli spiriti!”…poi si sentirono le urla che salivano dalla strada… “il terremoto! Il terremoto!”.
Tranquillizzato, riprese a riposare.

 

“Che bello!”...era, forse, la prima volta che Marcello le comunicava una vera emozione in un rapporto solitamente senza slanci. “Che bello!”…Silvana si sentiva tutta un tremito…Stupefatta e stordita strinse forte l’uomo che era su di lei, ma, d’improvviso, lo stupore estasiato diventò paura… Il tremito non era soltanto dentro di lei…era tutto intorno. Si muoveva il letto,  si muoveva il comodino… e, da fuori, le urla…”Il terremoto! Il terremoto!”

 

Per don Alfredo, il vecchio sarto all’angolo del vicolo, quello che da giovane chiamavano ‘o ciurillo, invece, non stava succedendo niente. Era già ubriaco a quell’ora e stava tentando di ritornare a casa  - ubriaco? diceva qualcuno; ma quando mai! Quello non beve, quello si abboffa di…- insomma il vecchio ciurillo avanzava dondolando e la terra dondolava con lui. Movimento sincrono, uguale ed opposto. Don Alfredo, quindi, procedeva dritto. Non si spiegava quelle urla della gente intorno…”Ma quale terremoto?”

Nel bel salone all’ultimo piano dell’hotel quella festa di matrimonio rappresentava l’occasione tanto desiderata.
L’aveva tenuta accanto per tutta la durata del pranzo. Ne aveva respirato il profumo e ora, finalmente, si ballava. Con Marina tra le braccia, mentre il complesso si esibiva in una versione ruspante di Feelings, Stefano sentiva la testa girargli. Poi vide il lampadario e…sentì le urla. Avrebbe voluto trattenere la ragazza nel rifugio delle sue braccia sicure…ma le braccia tremavano e tremava anche lui.
La paura fu più forte. Corse a ripararsi sotto un architrave. Marina corse dalla parte opposta.
Finì così una grande storia d’amore mai iniziata.

 

Dai vicoli dei Quartieri scendevano a frotte urlando donne, uomini e bambini. Tanti torrenti in piena diretti verso il mare. Tutti cercavano tutti...urlando: il marito la moglie, la mamma i bambini, i bambini i genitori.
In via Emanuele de Deo, i residenti del civico trentadue corsero a rifugiarsi sotto il rassicurante arco in pietra del portone al numero settantacinque; gli abitanti del civico settantacinque trovarono un sicuro riparo sotto il portone in cemento armato del civico trentadue.
In generale, nessuno sapeva dove andare. Tutti andavano: a piedi, in motoretta, in automobile. Si ritrovarono tutti in un colossale, vociante, confuso, inestricabile ingorgo.
Quando calò la notte, sui prati umidi di Piazza Municipio, e sull’asfalto di Piazza Plebiscito, nelle improvvisate, colorite tendopoli, fu il coraggio delle donne a tenere lontana la paura. Con l’organizzazione dettata dall’amore e dall’abitudine, ebbero tempo di pensare a nient’altro che alle poppate ed ai panini con la mortadella o il prosciutto…
E va bene c’è il terremoto, ma i bambini debbono mangiare…

Risvegliatosi, Vittorio provò, invano, a mettersi in contatto con Loredana: la ragazza, quella stupida, era scomparsa.
Per che cosa poi? Per un terremoto.
La serata si metteva male.
“Quel cretino di Vittorio! Ora che avrei avuto bisogno di lui, chissà dove sta!”  Loredana aveva deciso che aveva già chiuso con quell’uomo, vecchio, egoista e pieno di sé.

Non erano scappati insieme. Silvana si era buttata il cappotto addosso e via! Marcello aveva perso tempo…i pantaloni, la camicia, la cravatta, le scarpe con i lacci e un colpo di pettine.
Nella folla lui cercava lei. Lei non cercava lui: …troppo moscio. Ora era in garage e si sentiva in trappola  nell’auto bloccata.

Superato il primo momento di panico, Stefano aveva cercato di recuperare un po’ di sangue freddo: “ in queste occasioni si devono evitare le scale o è l’ascensore che non si deve prendere? Non mi ricordo.” Aveva rinunciato all’ascensore, troppo affollato, e si era buttato per le scale. Interminabili.
Al pianterreno gli era sembrato di intravedere i bei capelli biondi di Marina. Si guardava intorno a cercarla quando fu colpito dagli occhi fiammeggianti di quella bella ragazza bruna. “Si calmi signorina, si calmi! Non sia agitata, ci sono io con lei!”
“Però!”…pensò Loredana… “ carino!”.

Quello che è moscio per l’una ….può non esserlo per l’altra.
Anche Marina aveva bisogno di sicurezza. Quell’uomo davanti a lei, quell’uomo posato e tranquillo, ne sprigionava tanta. Era indolenza quella di Marcello...lei la scambiò per serenità superiore.

Troppo chiasso. Impossibile riprendere sonno, ormai.
Vittorio, con tutta calma, scese a prendere la macchina in garage. Avrebbe fatto un giro; una compagnia per la serata l’avrebbe trovata di sicuro.
“Che bella donna! E come risalta quella bella pelle chiara sotto quel cappotto scuro!” Vittorio decise di rinunciare alla sua auto, avrebbe chiesto alla bella signora un passaggio. Sembrava spaventata e Vittorio queste cose sapeva come farle: la conquistò con la sua ostentata sicurezza. Rimasero in macchina, fermi, tutta la notte. Non si sarebbero lasciati più.

Quando spuntò il giorno, arrivarono le notizie: era stata una catastrofe…ma non qui.
I vecchi palazzi della città avevano resistito. Come nel quadro di Bruegel si erano appoggiati l’uno all’altro: si erano dati forza e coraggio. Soltanto qualcuno avrebbe avuto bisogno, in seguito, di un aiuto, più che altro morale. Un aiuto dal nome incomprensibile: un barbacano…un barbacane…o un barbacani? Boh!

Per don Alfredo quella data rimase sempre, anche nei rari giorni di lucidità, quella di un giorno come tanti.

Per altri - è sempre una questione di punti di vista -... “una catastrofe?...Ma quando mai! ...è stata una fortuna!”
Loredana e Stefano, Silvana e Vittorio, Marina e Marcello, ancora oggi, in quel giorno di novembre festeggiano il loro anniversario.
È quello del terremoto…ma che importa?

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