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I had a dream



di Mauro Ventura

Prepartita



Sogno, ricordo del sogno, non sono la stessa cosa. Ci destiamo al mattino col bagaglio ancora fresco o quasi degli oggetti raccolti durante la notte, forse in pochi secondi, forse in quattro o cinque ore, chissà. Interrompiamo il sogno, lo ripigliamo, o lui ripiglia noi. Ma cosa resta? Solo quello che riusciamo a salvare in quella parte della memoria che viene resa disponibile per quando abbiamo poi gli occhi aperti, per leggere ciò che è rimasto nel setaccio, salvato dal risucchio dell’oblio definitivo.
In inglese play significa contemporaneamente giocare, suonare, recitare, potenza dell’espressione linguistica e vernacolare. In napoletano dormire e sognare coincidono, ‘o suonno è il sonno ma anche il sogno; non esiste dormire dunque senza sognare. Purtroppo resta solo quello che ricordiamo del sogno. Il sogno diventa piccolo quanto pochi sono i bytes che riusciamo a setacciare.
Bytes, mega, giga, tera-bytes messi insieme da una costruzione spontanea delle nostre meningi in libertà e grazie ad un motore di ricerca sguinzagliato e fuori controllo durante il nostro riposo muscolare, articolare, ma non mentale. La nostra mente non si ferma mai, i risultati delle nostre elaborazioni non vanno dispersi, ciò che è variamente precario è come e se siamo in grado di recuperare i dati nuovi e vecchi, fermi in superficie, in profondità, a destra, a sinistra, forse anche su qualche nuvola.
Cosa mi è rimasto nel setaccio ieri mattina?  Il prepartita di domenica prossima!
In una immaginaria metropoli del nord, chiamiamola MITO come la macchina, forse il motore di ricerca onirica ha confuso dove abito e dove prevalentemente lavoro e ha così quindi predisposto lo stage del sogno a MITO: portici ottocenteschi, bastioni sforzeschi, fiumi prorompenti, alberghi, fabbriche, auto, biciclette, panettoni e gianduiotti in tutte le vetrine, pedoni veloci e silenziosi, un bel mosaico grigio-grigiastro. Nel bel mezzo del grigio-grigiastro compare una mia vecchia amica-collega d’ufficio, anche lei col cappottino grigio ma con una splendida sciarpa di seta azzurra: “ciao, cosa fai qui?” penso di averle chiesto ma forse nel sogno non l’ho detto e mi sono risposto da solo e così mi mostra altri, tanti amici e colleghi, tutti riconoscibili, tutti sorridenti e felici di incontrarmi ma soprattutto ansiosi di andare allo stadio a fare il tifo nell’attesissima partita.
Quanti ne siete? Li riconosco tutti e sono tutti immobili ad ascoltare un improvviso altoparlante che ripete la mia domanda a volume altissimo. QUANTI NE SIETE?. I pedoni veloci e silenziosi si fermano ed urlano: ”Siamo tutti azzurri, forza azzurri”. Una improvvisa eco rimbomba per tutta la città “SIAMO TUTTI AZZURRI, FORZA AZZURRI”. E poi ancora più forte altrove, ancora più forte altrove, ancora più forte altrove. “SIAMO TUTTI AZZURRI, FORZA AZZURRI”, Mi spavento ma  sono felice, un’altra amica mi prende per mano, mi porta con loro allo stadio? No, giriamo l’angolo e vedo comparire tante tavolate improvvisate su una impensabile sabbia dorata. Una rediviva Piedigrotta traslocata al nord mi accoglie con i suoi colori, odori, suoni e maschere. Vongole e spaghetti, caponate e polipi, angurie e fichi volano di qua, volano di la.
“Ma io non posso venire con voi, mi aspetta la mia cara a casa, sarà in pensiero e si sta facendo tardi” “Ti accompagniamo”. E ne riconosco ancora altri. Il sorriso generale accelera, si moltiplica, mi abbracciano uno per uno, poi improvvisamente si spegne, i visi lacrimano mentre mi saluta Francesco, perché c’è anche lui nel sogno, per la grande occasione, un’opportunità concessa a lui e a noi per rientrare tra noi. Loro lasceranno me, lui lascerà di nuovo tutti e tutto. Vorrei fermare il sogno, rimanere per sempre nel sogno, con tutti, con lui, per non perderci più. Non si può. Ora sorride solo lui, poi sorridono di nuovo tutti. Mi giro verso casa e vedo da lontano la mia cara affacciata, preoccupata a guardare lontano verso dove potrebbe finalmente vedermi comparire. Sono le 2 e 45, le 14 e 45, le 3 meno ¼. Numeri. E’ un sogno me li gioco?      
Ma quante combinazioni con questi numeri! Troppe, sogno e penso già a quando sarò sveglio e andrò al banco lotto. Dunque i sogni non sono solo passivi, puoi anche pensare, reagire, creare link tuoi, non essere soggetto al google onirico?
Poi capisco, dietro quei numeri c’è il risultato della partita. Sarà cosi?
Mi sveglio, vorrei fermare tutto, scrivere anche le cose che non ricordo, ma devo andare a lavorare.
Ora stasera raccolgo i residui di un viaggio meraviglioso nel prepartita di una giornata speciale. Forza azzurri, aggio fatto nu suonno, sulamente nu suonno.
8 novembre 2013, ore 23:19

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