Da qui puoi andare direttamente al contenuto principale

tre foto della campania e logo quicampania
icona per aumentare la dimensione dei caratteriicona per diminuire la dimensione dei caratteri

Cronache marziane di un sud-normale



di Mauro Ventura


Sono mesi, anni, che un furgone bianco di medie dimensioni effettua intorno alle 5.00 del mattino una manovra riprovevole, quantunque lecita e non pericolosa, per ottemperare, secondo il parere del suo conducente, in maniera ottimale, al suo mandato operativo: la consegna a domicilio di quotidiani. Il fatto accade con un’approssimazione massima di 10 minuti. Un buon operaio o qualsivoglia solerte impiegato  potrebbe risparmiare la spesa della sveglietta sul comodino, ammesso e non concesso che essa non abbia già ceduto il suo posto ad uno smartphone normodotato. Ma, dato l’orario, parliamo di minatori.
Il rumore assordante di una lunghissima retromarcia in accelerazione effettuata all’ora di punta si confonderebbe certo nell’insieme degli altri effetti sonori prodotti da centinaia di auto, tram, autobus, magari ambulanze, volanti, clacson, e Torino è una città silenziosa. Proviamo altresì a sgombrare totalmente il campo e lasciare da solo il furgone turbo jet forse modificato allo scopo. A parte il fatto che è verosimilmente difficile effettuare una tale manovra per circa cento metri indisturbati in situazioni ‘normali’, certamente essa ha invece ottime possibilità di riuscita alle 5.00 del mattino, perfino se operata in un controviale. Dicesi controviale ciascuna delle carreggiate laterali di un viale a quattro o sei carreggiate eventualmente separata dalle altre da una lunga e sottile piattaforma possibilmente alberata o aiuolata. Praticamente un senso unico destinato alla circolazione locale. Detto ciò per i residenti in città prive di tali architetture di circolazione torniamo al furgone.
Evidentemente la natura umana che (usando un’orrenda espressione abusata e che spesso nulla ha a che vedere con la genetica), ha nel suo Dna il gene della sfida continua con il resto del mondo, e quando questi dovesse venir meno, contro se stessi e, nei momenti di massima originalità, contro il vuoto che ci circonda e che nullo periglio può rappresentare, il furgone è lì di fronte casa mia in una warm up tutta sua senza concorrenti e piazza le sue violentissime accelerazioni all’indietro sempre più roboanti e incontrollate.
Torino è la città dell’auto. Non è un appellativo, è un dogma. Tutto ciò che è relativo all’auto, dal fabbricante, al rivenditore, agli operatori addetti alla sua gestione (meccanici, carrozzieri, elettrauto, ecc.) sono i sacerdoti di un religiosissimo clero delle quattro ruote e del motore che le fa girare. Perfino le donne che tradizionalmente e nel resto del mondo preferiscono competenze diverse, qui ti sanno dire anche la potenza massima di coppia sviluppata da una Fiat Duna del 92 nell’effettuare uno scalo marcia dalla terza alla seconda durante un sorpasso in frenata in curva all’angolo del Lingotto. Guai a possedere una vettura leggermente lesionata nella carrozzeria o con un tergicristallo asincrono rispetto all’altro. Andare in auto non è usufruire di un mezzo di trasporto, è l’esercizio di un diritto, una pregustata missione attesa dalla nascita e per diciotto anni, è la vera espressione della propria identità. Il codice della strada vale più della bibbia, i box-auto sono trattati meglio delle culle, le strisce blu sono dei nastri colorati dentro cui depositare i propri gioiellini fossero anche delle vecchissime Panda, comunque intonse.
Scatta il verde? Vieni da destra? Le auto vengono dalla tua destra ma hanno lo stop? Stai girando in una rotonda? Sei un re! Devi solo attendere l’errore dell’altro per poter sfogare tutto il tuo clacson e le vene del tuo collo, anche se a ledere tale diritto fosse un povero pedone distratto. Tutto ciò è normale.
Solo qui mi capita di vedere agli incroci cittadini auto ribaltate e feriti al suolo. L’attraversamento di un incrocio porta con sé, se il verde ti accompagna, una sorta di incolumità omologata all’istante, e poi, anche se ci rimetti le penne, … però avevi ragione.
Noi sud-normali che siamo viceversa indottrinati ad osservare, non la segnaletica, non le altre auto, bensì l’espressione di chi le guida per anticipare ogni loro pensiero lecito o illecito che sia, al nord siamo molto accorti perché ci rendiamo conto che qui guidare è molto più pericoloso, per colpa dell’esercizio dell’altrui diritto.
Ho divagato e mi sono perso di nuovo il furgone. Arrivare ad intuire che era sempre la stessa auto a quell’ora, ad individuare quale auto fosse, chi disturbava il mio sonno, a capire il  mestiere del conducente ha richiesto tempo, pazienza e colpi di freddo. Quello che non capirò mai è il perché nessuno si è mai lamentato, forse per la sacrali ragioni di cui sopra; trattasi di auto, di automobilista nell’esercizio di un suo diritto, e l’omertà continua tuttora. Ho perfino ipotizzato ad un addetto alla consegna di bombole di ossigeno, plasma sanguigno, medicinali d’urgenza. Altolà.
La domanda principale era dunque: perché? Considerando che lungo il retro percorso vi sono abitazioni e perfino un albergo, sono sempre stato fiducioso che il fenomeno si estinguesse per iniziativa di uno dei più diretti interessati: abitanti, albergatore e turisti. Io del resto vivo dall’altra parte della strada, nell’altro ‘controviale’. Interrogato il portiere dell’albergo non mi è sembrato nutrire alcun interesse sulla questione. Le mie interviste si sono fermate quando, contattato un abitante dello stabile accanto, mi sono sentito rispondere che siccome lo può fare, lui preferiva farsi gli affari propri, praticamente mi invitava a fare altrettanto.
Ho atteso la primavera e poi la ‘bella’ stagione per usufruire di un po’ di tepore a quell’ora del mattino e scendere in strada alle 4:45 più di una volta per ricostruire il tutto, avere almeno una veduta più ravvicinata dei fatti. Quest’uomo, a cui  evidentemente l’artrosi cervicale o un semplice torcicollo equivalgono alle vertigini per un rocciatore, poteva anche essere una donna e magari pure carina, il che avrebbe sicuramente sottratto una sensibile quota di furore nella mia voglia di affrontarlo. Quest’uomo, questo lavoratore, e in quanto tale degno del mio massimo rispetto, proviene col suo furgone da una via laterale di fronte casa mia, imbocca il controviale sterzando sulla sua destra, si arresta e percorre 122 metri in retromarcia accelerata fino al raggiungimento di due portoni adiacenti all’albergo, dove in circa 2 minuti, il conducente deposita la merce e riparte, udite udite, ad andatura normale, quasi lentamente.
Lui deve effettuare quella retromarcia in quel modo e solo la retromarcia deve essere accelerata. E’ chiaro, se qualche malcapitato provenisse alle sue spalle complicherebbe non poco la sua iniziativa e lui  sarebbe costretto a fare il giro normale dell’isolato, ‘perdendo’ mediamente 30 secondi, semafori compresi. E’ questo il punto, se lui per risparmiare 56 metri, conti fatti con mappa e penna, deve (come direbbe il medico legale inventato da Camilleri) sbrindellare un centinaio di paia di cabasisi, dove evidentemente solo quelli del sottoscritto ne soffrono, allora siamo alla follia pura, al fondamentalismo automobilistico.
Questa mattina è passato alle 4:30, forse non ha trovato … traffico. Non chiedo un aiuto per evitare questo inutile comportamento. Il buon senso è nato prima del diritto ma viene esercitato poco, soprattutto se nel nome del diritto si vuol far corrispondere il dovere degli altri di rispettarne perfino ogni suo abuso. 

INVIACI UN COMMENTO

Aspettiamo i tuoi suggerimenti, le tue critiche, i tuoi commenti!


SEGNALA AD UN AMICO

Se il sito o un articolo ti sono piaciuti, perchè non dirlo ad un amico?