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Frigento

 

 


Frigento è un'incantevole cittadina dell'Alta Irpinia. Conta su circa 4.000 abitanti; il suo centro è situato ad un'altitudine di circa 900 metri, mentre il suo territtorio si estende sino ai 300 metri.
Anche per la stesura di queste note su Frigento, abbiamo la fortuna di poter contare sulla collaborazione del Prof. Edmondo Pugliese.
Il Prof. Pugliese è stato per molti anni sindaco di Mirabella Eclano, ma è nato a Frigento: è grande il suo amore per la sua cittadina di origine, come chiaramente trapela dalle sue parole.
Il Presidente della locale Pro-Loco, Francesco Di Sibio, ci ha fatto poi pervenire un suo articolo su Frigento, che con molto piacere pubblichiamo.



Indice degli argomenti


Frigento: perchè visitarla?

 

Quicampania: Prof. Pugliese, provi a convincere un incerto turista della domenica, a venire a venire qui,  nella sua Frigento.

Professor Pugliese: Frigento è una cittadina di alta collina o forse di montagna, è a un'altitudine di ben 900 metri.  E' consigliabile per un turismo particolare, io direi d’elite, non nel senso di un turismo ricco, ma nel senso di un turismo selezionato in grado di saper apprezzare l’atmosfera particolare che si respira in questa cittadina.

Frigento: la panoramicissima via Limiti Frigento: la panoramicissima via Limiti
A Frigento, per motivi climatici, è consigliabile venire in primavera o in estate. A Frigento, con la buona stagione, è tutto molto bello: passeggiando per la via Limiti si possono arrivare a vedere oltre 100 comuni di tutta la provincia di Avellino. Frigento è anche una cittadina che ha avuto una sua storia interessante e ha di conseguenza dei monumenti significativi; ad esempio le cisterne romane sono una cosa molto bella da vedere.  Frigento è comunque un museo a cielo aperto, con i suoi vicoli, le sue stradine; un borgo interessante di tipo medioevale, ma che può contare su un'origine romano-sannita. Mentre a Mirabella si vanno a vedere i musei, direi che Frigento è essa stessa un museo, vai in giro e vedi un portale interessante, una lapide per scongiurare il terremoto, tutte cose che danno una lettura di un paese molto bello.

Quicampania: Frigento offre prodotti tipici locali?

Professor Pugliese: Frigento conta su una buona agricoltura nelle sue campagne posizionate a una altitudine inferiore, diciamo collinare; quindi anche a Frigento, c’è la produzione tipica della macchia mediterranea, quali l’ulivo e la vite.

Da notare poi che a Frigento c'è  una discreta cucina tipica locale.
A tal proposito ricordo che a Frigento vi sono d’estate delle iniziative piacevoli, quale, ad esempio, la “Sagra della chechierca”; la chechierca è un legume molto particolare e saporito della zona. La sagra dura un paio di giorni e richiama tantissima gente.

 

                          

Frigento: una storia millenaria

 

I più recenti rinvenimenti archeologici attestano la sicura antichità di Frigento che fu Municipio italico prima di entrare nell'orbita della cultura e della civiltà di Roma. Nel corso del V secolo a. C., alcune tribù sannite raggiunsero le zone interne montuose dell'Irpinia, si fusero con le popolazioni indigene ed insieme fondarono villaggi stabili in luoghi naturalmente fortificati. Il fenomeno fu pienamente compreso dal grande Tito Livio, che lo descrive con queste parole: “Samnites ea tempestate in montibus vicatim habitantes” (Livio, IX, 13). Una di queste tribù s'insediò sulla montagna di Frigento e diede vita a una Comunità ben organizzata, composta da formidabili combattenti e dotata di straordinaria vitalità economica. Compreso nel vasto territorio di Eclano – che allora si estendeva ben oltre la valle d'Ansanto – questo primitivo vicus si sviluppò in stretto rapporto con la città principale di cui, per secoli, condivise anche il nome. Lo attestano le numerose lapidi epigrafi rinvenute a Frigento, sulle quali si legge il nome di Aeclanum o anche Aeculanum e che certamente non furono qui trasportate. A esse vanno aggiunti i cimeli funerari, le lapidi votive e i trofei finemente scolpiti, che sono tutti, per dirla con il Mommsen, reperti archeologici e titoli tali, quali si convengono a un Municipio.  Attesa la sua posizione topografica, ben presto s'impose come l'Acropoli più temuta e contesa di tutta l'Irpinia. Condivise con i Sanniti l'euforia delle Forche caudine e fu alleata dei cartaginesi durante le guerre puniche.
Frigento: immagine delle cisterne romane Frigento: immagine delle cisterne romane
Come stazione militare di Eclano partecipò alla guerra sociale, ma fu semi-distrutta dai soldati di Silla, nell'anno 89 A.C.. La stessa sorte subì qualche anno più tardi, quando decise di prendere parte alla rivolta di Spartaco. All'indomani dei convulsi frangenti della guerra sociale e della guerra servile, fu inserita nel processo di romanizzazione delle città italiche e selezionata per la realizzazione di un ambizioso programma edilizio.  Sulla falsariga dei Municipi latini, furono ricostruite le mura, le porte, i portici. la curia e il foro. L'iniziativa fu intrapresa dai duoviri quinquennali, patrocinati dal potente Quinzio Valgo, sostenitore della politica di Roma in Campania. In quella circostanza i vincitori, per dimostrare la loro liberalità, dotarono l'oppidum di pozzi per l'attingimento dell'acqua: le cisterne romane. La bellicosa stazione militare acquistava le caratteristiche proprie della Colonia. come si legge nelle lettere del suo stemma: F. R. C. Quando la potenza di Roma non ebbe più bisogno di luoghi naturalmente fortificati, la città perdette la sua importanza di Acropoli, ma continuò ad avere una straordinaria valenza antropologica. Allora, per differenziarsi da Eclano e per richiamare la sua vicinanza alla valle d'Ansanto e alla dea Mefite, assunse il nome di Frigento, che in lingua osco-sannita significa “Acqua santa”. La tradizione storica sostiene, invece, che il nome Frigento – volgarizzazione di Frequentum – deriva dal termine latino Frequentia e significa luogo molto frequentato. In verità i due etimi non sono in contrasto fra loro perché entrambi fanno riferimento alla vocazione turistica della città!   Con l'avvento del Cristianesimo la città di Frigento meritò ben presto l'onore della cattedra vescovile, alla quale fu elevato, nella seconda metà del V secolo, un giovane anacoreta di origine greca di nome Marciano, che era giunto a Frigento percorrendo la via Appia.
Alla nomina di Marciano, vescovo Santo e patrono di Frigento, aveva fatto ricorso il papa Leone I per mettere la Chiesa irpina al riparo da altre tentazioni ereticali, dopo che il vescovo Giuliano di Eclano era stato deposto per aver sostenuto e diffuso le teorie di Pelagio.
Frigento: la Cattedrale Frigento: la Cattedrale
Nel periodo del tardo Impero e delle invasioni barbariche la città decadde paurosamente. Ma quando la dominazione dei Longobardi si stabilizzò, tornò a essere ricca e ambita. Contesa dai principi di Salerno e di Benevento, fu da quest'ultimo individuata come città di frontiera ed opportunamente fortificata. Più volte aggredita e saccheggiata dai Saraceni, Frigento fu completamente distrutta dal terremoto del 986. Un cronista dell'epoca si espresse in questi termini: “ Vagai per la città senza incontrare l'ombra di un abitante, tranne qualche lupo”.
Dopo il Mille, quando il Ducato di Benevento fu ceduto al papa Leone IX, la città di Frigento fu annessa al Principato Ulteriore del regno di Napoli. I normanni la scelsero come capitale di contea e la assegnarono al conte Erveo, che si chiamò “Erveo di Frigento”. Nei secoli successivi appartenne a diversi e famosi Signori.
Il convegno di Melfi, del 1059, segnò il ripristino della sua cattedra vescovile, che i longobardi avevano, per secoli, tenuta annessa a quella di Benevento. Vescovo in questo periodo fu tal Macharus, un intellettuale bizantino d'investitura laicale, che fu accusato di eresia e sottoposto a procedimento disciplinare. Dopo di lui la serie dei vescovi frigentini continua, anche se con molte interruzioni, fino al 1455, quando la Diocesi fu unita aeque principaliter con quella di Avellino e il titolare si nominò “Episcopus abellinensis et frequentinentis”.
Stretta intorno alla sua Diocesi, la città di Frigento sopportò con grande dignità le molte disavventure dei secoli successivi.
La peste, che nel 1656 afflisse il regno di Napoli, la colpì con violenza inaudita. Nella circostanza morirono oltre mille abitanti, su una popolazione che ne contava meno di duemila. Allora intere famiglie di forestieri e numerosi sacerdoti vennero a ripopolare la città decimata dal morbo. In pochi anni fu ricostruito il Capitolo, riaperto il seminario diocesano e rimesso in funzione l'ospedale civile. Ma proprio quando tutto sembrava mettersi per il meglio, un disastroso terremoto si abbatté sulla città, distruggendo la gran parte delle abitazioni e la chiesa di San Marciano. I sopravvissuti si sentirono come abbandonati dal loro protettore e fuggirono in massa. La maggior parte di essi trovò rifugio nei casali, dove si stabilì in modo definitivo. Era l'anno di grazia 1688.
Il Settecento fu per la città di Frigento un secolo di totale ricostruzione, di prosperità e di sviluppo. S'incrementa il numero degli artigiani e dei piccoli commercianti e così quello delle scuole pubbliche e private.  Annessa al Seminario diocesano viene istituita la cattedra di teologia, che richiama in Frigento aspiranti sacerdoti provenienti da ogni parte dell'Irpinia. Diventa sede di un importante presidio militare e di un governatore per l'amministrazione della giustizia. Ma sono soprattutto le opere a parlare il linguaggio del secolo: l'artistica scultura della Croce di San Marciano, la bellissima facciata del duomo, i meravigliosi portali dei palazzi gentili, la statua del Patrono in argento puro,  il pregevole  soffitto  della Cattedrale e tanti altri piccoli capolavori.
Con le leggi eversive della feudalità, nel primo decennio dell'Ottocento la città di Frigento si liberò dalla sudditanza del principe don Giuseppe Caracciolo, suo ultimo feudatario, ma fu costretta a subire una pesante riduzione del suo territorio, a causa della “dissunione” dei Casali, che dettero vita al comune di Sturno.
Partecipò ai moti rivoluzionari del 1820-21 con una sua “vendita carbonara”, denominata Iside di Ansanto, e non fece mancare il suo contributo alla causa del Risorgimento italiano. Alla “Grande guerra” Frigento sacrificò un gran numero di cittadini, come si legge sul marmo del monumento ai caduti.
Gravemente danneggiata dal terremoto del 23 novembre 1980, Frigento è stata quasi totalmente ricostruita. Significativi interventi di restauro, realizzati dalla Sovrintendenza, hanno consentito la conservazione di numerosi edifici religiosi e civili e l'intero impianto urbanistico del centro storico.
Sempre molto vivace dal punto di vista culturale, la città di Frigento è al centro di una fervente attività turistica. (A cura di Edmondo Pugliese)



Frigento: una nota del Presidente della Pro-Loco Frigentina

Frigento: un angolo della cittadina Frigento: un angolo della cittadina

Ho accompagnato tanti visitatori lungo le vie strette di Frigento. Ho letto libri e ho pronunciato tante parole per raccontarne la storia, l’architettura, la natura. Ho cercato di trovare sempre nuovi angoli, nuovi punti di osservazione da mostrare.
Mi piace lasciare il tempo, tra una spiegazione e l’altra, durante il quale ognuno possa guardare coi propri occhi le pietre, il panorama, la case, le persone… E’ un tempo necessario affinché ognuno ascolti quello che viene fuori dai vicoli ed immagini racconti, leggende ed ogni sorta di segnale del vissuto che possa tornare alla luce attraverso la presenza di persone incuriosite.
C’è un tempo passato in cui Frigento, tra un terremoto e un altro, badava a ricostruire le proprie abitazioni e i luoghi di culto. Si provvedeva ad abbellirle ulteriormente con tele, affreschi, giardini pensili, portali in pietra locale…
C’è un tempo presente più difficile da decifrare, perché non è ancora affidato alla storia, in cui l’unica certezza risiede nel fatto che quanto è giunto ai giorni d’oggi è nelle nostre mani e non va sprecato o lasciato degradare. Ma la scommessa è che Frigento viva al di là, e non senza, il suo passato, che noi si riesca a vivere l’avventura della vita nel modo più pieno.
Ognuno provi a spendere i propri talenti; non si chiuda in un mondo virtuale, ma viva il reale che lo circonda. Abbia la spinta interiore per vivere i propri sogni.
Francesco Di Sibio



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