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San Marciano



busto argenteo di San Marciano, Frigento, chiesa Madre busto argenteo di San Marciano, Frigento, chiesa Madre


La leggenda di San Marciano è un patrimonio di inestimabile valore culturale ed etico, che i cittadini di Frigento custodiscono gelosamente nelle loro coscienze.
Si tratta di  un' eredità spirituale, destinata a durare in eterno, o almeno finché l'uomo sarà capace di pensare e di avere dei sentimenti: molto più di un antico complesso architettonico, arricchisce la storia della città!
La vita del Santo, le circostanze particolari della sua nomina a vescovo, le sue reliquie, il rinvenimento dei suoi resti mortali, la ripetuta costruzione della sua statua, il furto sacrilego della stessa e i suoi tanti miracoli, sono gli elementi costitutivi di una leggenda che fiorì mentre il santo era ancora in vita.  Accanto ad elementi concreti, non mancano racconti  misteriosi e fantastici, che la tradizione popolare ha voluto introdurre  per magnificare la storia del santo anacoreta. Si tratta, in ogni caso, di aneddoti, che non inficiano la validità della leggenda, la quale si differenzia dalla fiaba e dal mito perché muove da incontrovertibili dati reali. In questo caso, l'esistenza stessa di San Marciano, che la tradizione agiografica riconosce vescovo nel V secolo, essendo papa Leone I.
Non così la pensano i negazionisti, che non riconoscono il valore della leggenda e smentiscono l'esistenza del santo frigentino, adducendo la mancanza di validi documenti. Schiavi della loro formazione atea e materialistica, si mostrano incapaci di considerare come valide, in una con le tradizionali fonti storiche, anche tutte quelle tracce dell'uomo, presenti nella lingua, nei costumi e nelle tradizioni.
La storia  non è scritta una volta e per sempre, ma si evolve con la civiltà degli uomini e con gli avvenimenti che segnano la loro esistenza. Credere in un duro nocciolo dei fatti storici, indipendentemente dallo storico che li fa rivivere, è assurdo.
Pertanto quelli che nella leggenda di San Marciano vedono soltanto elementi fantastici o simbolici, utili al gruppo sociale all'interno del quale si originarono, si rendono responsabili di una metodologia storica totalmente sbagliata.


La leggenda di San Marciano



Frigento, chiesa di San Marciano, basso rilievo raffigurante San Marciano Frigento, chiesa di San Marciano, basso rilievo raffigurante San Marciano

Tutto ciò premesso, passiamo al racconto.
All'indomani del concilio di Efeso, che aveva definitivamente  ratificato la deposizione del vescovo Giuliano di Eclano, sostenitore delle teorie di Pelagio, il papa Leone Magno volle nominare vescovo di quella Diocesi un giovane di origine greca e di nome Marciano, che da alcuni anni viveva da eremita nella città di Frigento.  La cerimonia si svolse a Roma nell'anno 441, in un'atmosfera di assoluto misticismo. Si narra che il pontefice fosse stato informato dallo Spirito Santo sulle straordinarie qualità morali del giovane e perciò volle proclamarlo, con una bolla speciale,  oltre  che vescovo anche santo e protettore della città.
Tornando verso Frigento, il vescovo operò il suo primo miracolo risuscitando dalla morte il figlio del principe di Terracina. La notizia si diffuse rapidamente ed allora, da ogni parte, accorsero folle osannanti per seguirlo in Irpinia.
Durante la sua permanenza nella diocesi di Frigento, San Marciano operò numerosi altri miracoli.
Circondato da un'atmosfera misteriosa e soprannaturale, rese  mansueto il lupo, che aveva sbranato il suo asino, guarì da paralisi una donna lucana,  liberò da un'epidemia di carbonchio le popolazioni della Diocesi.
Annunziata dal suono delle campane, che d'improvviso si misero  a suonare senza essere sollecitate, arrivò la  morte: era l'alba del 14 giugno dell'anno 496. Quattro secoli più tardi i suoi resti mortali furono trasferiti  nella chiesa cattedrale di Benevento dove furono poi rinvenuti nel 1119. Solo  un frammento del cranio  rimase a Frigento ed è tuttora gelosamente custodito nella teca, che  sul petto del Santo, come un prezioso fermaglio, tiene uniti i paramenti sacri, che ne avvolgono il busto. 
Anche dopo la morte il Santo si rese glorioso per i tanti miracoli operati a favore di infermi e di ossessi che a lui si rivolgevano fiduciosi. Lo confermano gli innumerevoli oggetti preziosi (ex-voto) , che ancora si conservano nella sua chiesa.
Nella leggenda di San Marciano confluisce  anche la storia tormentata della sua statua. Realizzata, inizialmente, dai vescovi successori del Santo, essa fu scolpita nel legno e  più volte rifatta, fino a diventare una vera opera d'arte.
Per il suo rifacimento, in epoca rinascimentale, furono utilizzati materiali pregiati. Nella circostanza la statua del Santo fu scolpita in rame e ricoperta da una sottile lamina d'oro. Della vecchia scultura medioevale rimaneva soltanto la testa, che continuava ad essere di legno.
Nel 1622 il popolo di Frigento, per onorare il santo protettore, promosse la raccolta  di  tutte le monete d'argento, che il governo aveva messo fuori corso per eccesso di tosatura e, con quelle, fece realizzare la testa del Santo,  in unico pezzo di argento fuso. Un secolo più tardi, le autorità capitolari, considerando che la scultura era troppo pesante e difficile da portare in processione, la fecero ridurre al solo busto. Nello stesso tempo, però, fecero fare d' argento  anche le mani e la mitra.
Nel 1787, infine, fu realizzata la preziosa pedana dorata. Nacque allora e si diffuse in tutta la Diocesi, il famoso detto: “San Marciano di Frigento è tutto d'oro e d'argento”.
Ma la notte tra il 18 e 19 gennaio 1834 un furto sacrilego, messo a segno da sconosciuti malfattori, privò la Comunità della preziosissima statua. Trasportata in una località sconosciuta venne fusa da orafi esperti, fatti venire da fuori. Si salvò solo la pedana e il reliquiario, che i ladri si guardarono bene dal profanare.
Profondamente colpiti i frigentini si mobilitarono ancora una volta e, nel giro di tre anni, fecero costruire, in argento sbalzato e cesellato, un nuovo busto del Santo.
Della leggenda di San Marciano si conoscono anche altre versioni, ma il racconto è unico e così il fine, che resta edificante!

 

 

a cura del Professor Edmondo Pugliese

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