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Vittorio De Sica




Il 7 luglio 1901, a Sora, all'epoca cittadina del territorio campano di Terra di Lavoro, in una famiglia veracemente italiana, nasce Vittorio, Domenico, Stanislao, Gaetano Sorano De Sica.
In quest'anno 2011 cadono i festeggiamenti nazionali per l’unità d’Italia, la coincidenza delle date mi rende necessario elevare un giusto tributo a un protagonista dell’Arte italiana nel mondo.
Purtroppo non ho sentito di nessuna iniziativa particolare, spero di essere solo disinformata; voglio almeno fornire una testimonianza sincera di chi quell’arte l’ha vista e l’ha amata assieme al suo generoso autore, e che ancora la porta nel cuore fresca e vitale così come ci fu consegnata.

 

Parlami d’amore Mariù

di Emanuela Catalano




Tra i jingle offerti quotidianamente dallo schermo casalingo attraverso la pubblicità, da diversi giorni risuonano poche note di una ben conosciuta canzone che fu simbolo di un’epoca ben precisa, gli anni trenta.

Parlami d'amore Mariù da Gli uomini che mascalzoni con Vittorio de Sica Parlami d'amore Mariù da Gli uomini che mascalzoni con Vittorio de Sica

La potenza evocativa della musica va però ben oltre la storia, scende sul piano del sentimento e cerca in quelle note di riconoscere il timbro della voce che canta le quattro fatidiche parole “Parlami d’amore Mariù”.
Cerchiamo ammaliati e pervasi da una musica che veramente ci rapisce dal momento cronologico del terzo millennio in cui il suono percuote il nostro orecchio, conducendoci, a ritroso a cercare colui che portò quella canzone al successo, un successo che non può finire, perché anche oggi, cantata da altri, la magia di quella melodia e delle sue parole si rinnova con puntualità.
Il nostro inconscio cerca gli occhi e il sorriso affascinante e seducente di Vittorio De Sica che in questi giorni pigri di Luglio era venuto al mondo, esattamente 110 anni fa.
Evocato dalla gioiosa marcetta “Tarallo tarallino…” composta dal papà che attendeva finalmente la nascita di un figlio maschio, un figlio voluto, amato, sperato e così corrispondente a quei desideri di padre da identificarsi in lui.
Vittorio era il terzogenito, il primo dei maschi, ma i figli furono tutti allevati dal padre con attenzione amorosa, dedicando loro tutto il tempo libero.
In quell’epoca non vi era la televisione, e il quartetto di fratelli, sotto l’amorevole guida del padre, cantava, suonava, recitava, per il diletto della famiglia e delle famiglie amiche e conoscenti.
L’insegnamento paterno ebbe momenti profondi e incisivi, come quando, all’età di quattordici anni, il giovane Vittorio cantò per i soldati feriti ricoverati all’ospedale del Celio.
L’accademia d’arte familiare, condotta parallelamente agli studi tecnici porta il giovane Vittorio, ventenne, a un bivio: la speranza di un “posto fisso” in un'importante Banca, e una scrittura teatrale precocemente e inaspettatamente giunta, e già in una compagnia non modesta.
I dubbi e le riluttanze del giovane, che sapeva dell’importanza del suo impiego per le finanze familiari, saranno fugati proprio dal padre che con forza lo invita a intraprendere la strada artistica.

 Marisa Merlini in bicicletta con Vittorio De Sica Marisa Merlini, in bicicletta con Vittorio De Sica

Sarà il primo passo di una lunga e brillante carriera che lo porterà a essere protagonista nei teatri e sugli schermi cinematografici, sia nel ventennio che nel secondo dopoguerra, quando spiccherà tra gli Autori del Neorealismo e della Commedia all’italiana.
Piace, nel tanto che si può dire di questo meraviglioso e straordinario protagonista della scena artistica italiana, ricordarne la vena poetica di Autore che si mostra sempre nei suoi lavori e soprattutto in Umberto D. film da lui amatissimo e irrinunciabile, ma osteggiato dalla critica e dalla cultura ufficiale italiana che davano della pellicola una lettura meschina e superficiale.
Sicuramente l’italiano medio di Vittorio De Sica ha però altri ricordi, più legati a note commedie nelle quali egli recita accanto alle più belle attrici del momento: la levatrice Marisa Merlini, ragazza madre dei primi anni cinquanta, appollaiata sulla canna della bicicletta di un De Sica attempato rubacuori. I battibecchi irriverenti tra un'incredibile e irresistibile Gina Lollobrigida, cafoncella sincera e passionale e il Maresciallo della Benemerita Carotenuto. Le diatribe col fratello sacerdote, un indimenticabile e tonante Mario Carotenuto, terrorizzato

 Una grande Sofia nei panni de La smargiassa, Mario Carotenuto, Tina Pica e Vittorio de Sica Una grande Sofia nei panni de "la smargiassa", Mario Carotenuto, Tina Pica e Vittorio de Sica
dalle avances della Loren nel personaggio della “Smargiassa”. Lea Padovani, grande attrice, nei paludamenti di una vergine zitella, trasformata dall’amore per il Maresciallo dongiovanni Vittorio De Sica, tenuto a bada, nelle intemperanze amorose, da una vigile e burbera Tina Pica.
Sicuramente la maggior parte degli italiani non può dimenticare l’opera del regista Vittorio De Sica, legato a pellicole che sono anche letture puntuali e apprezzabili a ogni livello, di capolavori letterari.
A partire da La ciociara di Moravia, che valse l’Oscar alla Loren protagonista, al decadente e poeticissimo Il giardino dei Finzi-Contini di Giorgio Basani, un'opera dimenticata; e infine
Il viaggio da una novella di Pirandello letta con forte vis poetica e affidato, ancora una volta, alla Loren, affiancata, originalmente, da un grande attore inglese come Richard Burton.
Quello che De Sica ottiene in queste pellicole dagli attori e dai mezzi è quello che un grande pittore ottiene con i colori e i pennelli sulla tela.
Ma gli stili di quest’Autore sono molteplici e le sue gustose e poetiche commedie sono forse il più bel ricordo che manteniamo della sua Arte.
Vittorio de Sica con    Lea Padovani Vittorio de Sica con "la mistica sensuale", Lea Padovani
Matrimonio all’italiana, liberamente tratto dal capolavoro Eduardiano e che per i napoletani è “nu piezzo ‘e core”, interpretato dalla Loren, un'attrice che veramente ebbe da De Sica in dono la vita Artistica.
E infine L’oro di Napoli tratto da alcuni quadri narrati da Giuseppe Marotta nell’omonima opera.
Questo flm è una vera e propria epopea napoletana nella quale il regista propone alcune storie magistralmente ambientate nelle strade di Napoli.
Appartengono a questo film alcune scene che compongono l’immaginario collettivo di uno stragrande numero di italiani: Totò nell’episodio del “Pazzariello”, una vera perla che, oltre a consegnarci l’immagine storica di un “tipo” e di un mestiere oggi neppur più immaginabile, ci permette di leggere Totò attore e non macchietta e burattino. L’episodio tra il serio e il faceto interpretato da Eduardo De Filippo nei panni del violinista Don Ersilio che pontifica su reati e leggi e spiega la differenza tra la volgare “pernacchia” e il più nobile “pernacchio”, sberleffo altolocato e pertanto di alto valore morale. Infine chi può dimenticare la sparizione dello smeraldo regalato da un improvvido marito pizzaiuolo ad una moglie troppo bella?
A tanti anni dalla scomparsa di questo grande Autore, e in un periodo in cui è di moda parlare di “Made in Italy”, occorre osservare come le note di “Parlami d’amore Mariù” da cui si è iniziato questo breve excursus, siano, oltre che un leit motif per la parabola artistica di Vittorio De Sica, anche la sintesi simbolica di un momento storico vissuto dall’Italia, impersonato dalla dolce passione che unisce nella danza della vita due giovani ignari di ciò che li aspetta, certi e forti solo dei loro sentimenti. Si può pertanto concludere che questa canzone e la pellicola Gli uomini che mascalzoni per cui fu composta, formino uno degli emblemi del “Made in Italy” nel mondo.


Emanuela Catalano

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